Sarri, il maratoneta

“Non ho mai visto nessuno vincere la maratona dopo 21 km”

In questa frase c’è tutto Maurizio Sarri. C’è la sua calma, la sua intelligenza, la sua poca banalità anche nel dire cose ovvie, la sua scaramanzia. Una frase per riassumere una personalità. Una gran bella personalità. Perché prendersi sulle spalle il Napoli del dopo Benítez, rivitalizzarlo, dargli un gioco, dargli sicurezza e, nel frattempo, riuscire a gestire la pressione di una piazza mai facile è da numeri uno. E Sarri, possiamo dirlo senza paura, è un numero uno tra gli allenatori di calcio.

Chi avrebbe scommesso sul Napoli campione d’inverno della Serie A 2015/2016? Uno di sicuro e ne state leggendo il pensiero. Altri, beh, direi pochi. In estate, dopo le “faraoniche” campagne acquisti di Inter, Milan, Juventus e Roma, nell’ipotetica griglia di partenza del campionato nessuno aveva considerato la squadra partenopea tra le pretendenti al titolo. Il 20 di luglio, sempre su queste pagine, avevo fatto notare che sarebbe potuta essere una dimenticanza importante e alla fine, nonostante un avvio stentato, i fatti mi hanno dato ragione.

Perché è indubbio che se il Napoli sia lassù davanti a tutti il merito sia solo di Maurizio Sarri. È vero, Higuaín ha segnato 18 gol in 19 partite, ma ve lo ricordate il Pipita dello scorso anno? Sempre nervoso, sempre pronto al litigio con i compagni che, a suo modo di vedere, non gli passavano il pallone nella maniera giusta, costante nella sua incostanza e nella sua poca tranquillità, sfociata poi nei numerosi errori dal dischetto. Chi è stato a convincerlo della bontà del suo progetto tecnico? Chi è stato a dargli quella tranquillità mentale che ora sta facendo la differenza in campo? Ecco, sapete già la risposta. E come per Higuaín, il discorso può valere anche per due come Jorginho e Koulibaly, in netta difficoltà nella gestione Benítez e ora dominanti dentro al rettangolo verde.

La vittoria di Sarri non è solo relativa alla posizione in classifica, ma anche — e soprattutto — alla qualità del gioco espressa, specie nelle partite decisive. Mai un approccio sbagliato, mai le idee confuse, mai in soggezione. Sempre padrone del gioco e al comando delle operazioni, se si escludono i 10 minuti finali di pura follia contro l’Inter, che però era stata dominata fin lì. La differenza, Sarri, la sta facendo su due aspetti: sulla testa dei giocatori e sulla sua. Lui sa quello che fa e lo fa tremendamente bene, prepara le partite meglio di altri e le sa leggere in corso d’opera. Qualità non di tutti. È riuscito ad adattare le sue idee al parco di giocatori a disposizione ed è stato capace di convincere i suoi campioni a giocare per le sue idee. Il risultato è qualcosa di meraviglioso.

Ma ha ragione lui nel dire che siamo solo a metà e che di strada da fare ce n’è ancora tantissima. Del resto, non si è mai visto nessuno vincere una maratona dopo soli 21 km. Quanto cavolo corre bene, però.

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Francesco Mariani