Dopo feste e bagordi e soprattutto la sosta invernale, ripartono i campionati e con loro anche il Calciomercato; incidentalmente, è ripartito pure il nostro Speciale Calciomercato: non farà notizia, ma è sempre uno strumento utile e un fiore all’occhiello (consiglio: dateci un’occhiata).
Nel mentre arrivano notizie di ogni genere, partendo con i ritiri di Jenas e Sodinha (guardandolo, viene da pensare a cosa sarebbe potuto diventare, se solo fosse stato CitroSodinha…); e se pure tutti sanno che da tempo la Serie A non è più il campionato più bello del mondo, secondo l’IFFHS (la Federazione Internazionale di Storia e Statistica del Calcio) per la seconda stagione di fila siamo in piazza d’onore, dietro l’inarrivabile Liga, ma davanti a tutti gli altri; con il Barça prevedibilmente migliore squadra al mondo, davanti alla Juventus e al Napoli.
Ma questa era la foto a fine 2015, dal 1° gennaio al 31 dicembre; e un anno fa il calciomercato si era aperto con la notizia di Cerci al Milan, in prestito per 18 mesi dall’Atlético Madrid, che in cambio riabbracciava Fernando Torres dopo otto anni. Con qualche sottinteso non necessariamente venuto a galla: per esempio, per chiudere l’affare il Milan aveva dovuto acquistare Torres (era in prestito biennale con opzione per un terzo anno) dal Chelsea, per poterlo girare all’Atlético; e per prendere Cerci era stato necessario il placet di una terza parte, proprietaria di metà del cartellino del giocatore.
Si dovrebbe dire almeno “apriti cielo!”, ma non molti paiono essersi scandalizzati. Andando a memoria, ricordo soltanto Pippo Russo.
E oggi ci risiamo: sono passati soltanto 12 dei 18 mesi di prestito concordato, ma Cerci pare essere sull’uscio di via Aldo Rossi. Inarrestabile al Torino, poi non si è più visto; e contro il Bologna ha collezionato topiche in serie. I tifosi non vogliono più vederlo, e comprensibilmente lui per primo vorrebbe andarsene.
Fin qui, tutto in regola: anche perché, al netto delle sfortune recenti, un giocatore del genere un posto lo trova ancora. E lo avrebbe trovato al Genoa di Gasperini, che ha bisogno di qualità per una salvezza tranquilla; Galliani avrebbe l’accordo per girarlo in rossoblù, ma il fondo (imprecisato) che deterrebbe il 50% del cartellino di Cerci non è d’accordo, e vorrebbe una cessione a titolo definitivo (presumo: perché così passerebbe all’incasso).
Ora, siamo arrivati al punto: chi c’è dietro il cartellino di Cerci? Ho iniziato a seguire il calcio in epoca pre-Bosman, ma di poco: prima si era in qualche misura “prigionieri” di una squadra, dopo si diventava liberi alla scadenza di ogni contratto. E, per come la vedo io, un giocatore (un atleta, una persona) non può essere “proprietà” di un fondo d’investimento (palese o travestito, come sarebbe per Estigarribia). Li chiamano TPO (Third-Party Ownership), che da maggio sono vietate dalla FIFA (con la circolare 1464); adesso vorrebbero riconfigurarsi come TPI (Third-Party Investment), per continuare a operare.
Cosa guadagna un investitore “esterno”? Beh, ovvio: denaro. E una forma di potere (portare su una squadra, portarne giù un’altra, trasformarne una terza in una porta girevole). Lo dico in parole povere? Tutte cose che con lo sport hanno pochissimo a che vedere. Ed è curioso vedere che è la stessa identica piega che a suo tempo hanno preso anche FIFA e UEFA: commercio spinto (e sugli illeciti taciamo, per decenza). Le istituzioni sono nude, ma il denaro vive benissimo.
Andando all’Atlético Madrid, Cerci si è venduto al diavolo – probabilmente senza neanche saperlo. E adesso è prigioniero del Diavolo. Calcolando che è uno dei pochi talenti italiani di questo periodo, un minimo di sdegno pubblico sarebbe anche auspicabile, e non solo per le prestazioni in campo.