Ciao 2015: motori in chiaroscuro

Dal 2015 che si appresta ad andare in archivio, cominciamo oggi a estrarre eventi e avvenimenti degni di passare alla storia; si spera sempre dal lato migliore (quello della lotta leale, quello della vittoria), ma la realtà del mondo dei motori, per esempio, ci restituisce un anno interlocutorio, fermo a metà tra i traguardi intermedi raggiunti e l’acuto finale mancante.

Doveroso partire da Valentino Rossi: simpatico ai più (ma non a tutti), il pilota di Tavullia ha finito per spaccare il mondo in due – e, nella frattura, ci ha lasciato giù un titolo mondiale. Agguato di Márquez, accordo spagnolo, oppure sindrome da accerchiamento: non sapremo mai in quale interstizio risieda l’ultima verità. I fatti ci parlano del miglior Rossi da anni a questa parte, e di un calcetto che, a seconda delle angolature, passa da offensivo a difensivo. In testa dal primo al penultimo GP, senza poi poter portare a casa il titolo. Grande annata, ma vale solo per la gloria.

È poi curioso scrivere un editoriale nel giorno in cui si celebra la nascita di Gesù, dovendo invece ricordare la vera tragedia che ha scosso i motori, nel 2015: la morte di Jules Bianchi (nella foto, quando era ancora una promessa della GP2). Era il 1° maggio 1994 quando avveniva l’ultimo incidente mortale nella Formula 1: il botto, e la fatalità che tradisce Ayrton Senna, colpito al cranio dal braccetto della sospensione anteriore destra. Poi una rivoluzione tecnica, per proteggere i piloti, senza mai riuscire a trovare la giusta quadratura per coprire efficacemente la testa: a Felipe Massa, nel 2009, è andata bene (colpito al casco da una molla persa da Barrichello, non riporta danni gravi); nel 2014 con Jules Bianchi, sotto la pioggia di Suzuka, il destino è stato meno tenero. Se Senna si è spento in poche ore, Jules ha lottato per mesi, ma senza lieto fine.

Jules Bianchi era un pilota Ferrari: si dice che uno dei piani fosse proprio di portarlo sulla rossa nel 2016. Ecco, la scuderia del cavallino ha vissuto un 2015 interlocutorio: entusiasmante se rapportato all’annata precedente, ma ancora manca terreno per poter lottare stabilmente per la vittoria. Si sono visti notevoli passi in avanti, sono state ritrovate sia la competitività che la rabbia, oltre all’unità della scuderia tutta. A tratti si è rivisto anche il miglior Räikkönen (confermato anche per il 2016), ma soprattutto abbiamo potuto ammirare un ex-nemico che è stato letteralmente contagiato dal mondo Ferrari: fiero avversario (e vincitore) nello scorso quinquennio, Sebastian Vettel ha portato aria nuova, e un bottino complessivo di tre vittorie e altri dieci podi.

Chiedendoci se le note positive siano state più delle negative, sicuramente il bilancio Ferrari 2015 è in positivo: tornata alla vittoria, tornata competitiva, tornata a lottare su tutti i fronti (inclusi quelli regolamentari). Ma bisogna anche essere onesti a sufficienza da ammettere che, per vincere, la Mercedes è ancora molto avanti.

Così come bisogna essere sinceri e realisti sulle condizioni di un altro ferrarista: Michael Schumacher. In un periodo avaro di notizie per i motori (la stagione è in pausa, e almeno per un altro mese non sono previste novità reali), fa specie vedere rotocalchi tirar su illazioni sul fatto che il sette volte campione del mondo avrebbe ripreso lentamente a camminare. Alimenta false speranze, e soprattutto infrange le volontà della famiglia, da sempre molto avara di notizie sul privato di Schumi. Davvero non se ne sente il bisogno: se c’è una cosa che il 2015 ci ha insegnato, è che soltanto la vita vera sa parlare più della pista.

Leggi anche gli altri editoriali del ciclo Ciao 2015:

– Ciao 2015: l’anno del rugby mondiale

Published by
Pietro Luigi Borgia