L’Alessandria e quell’impresa dal sapore di FA Cup

L’Inter vince e convince contro il Cagliari segnando la seconda goleada in quattro giorni e avanza ai quarti di Coppa Italia, ma non è di certo questa la notizia di giornata. L’Alessandria, formazione di Lega Pro, sbanca il Ferraris battendo il Genoa ai supplementari, nel più classico dei risultati imprevedibili: scene che, però, siamo abituati a vedere in FA Cup o, comunque, non Italia dove la formula scelta penalizza le formazioni di rango più basso. Che senso ha, visto che l’argomento ormai è stato toccato, giocare in stadi deserti o quasi (San Siro con secondo e terzo anello chiusi, per esempio) favorendo le formazioni di Serie A, per giunta? Non sarebbe stato molto più bello vedere un’intera città riversarsi al Moccagatta di Alessandria per sostenere la propria squadra contro il Grifone? Così come la sfida contro l’Inter, capolista in Serie A, avrebbe decisamente attratto più tifosi cagliaritani di quanto non abbia fatto il contrario a Milano.

Al di là delle questioni tecniche, però, soffermiamoci sull’impresa sportiva perché, oltre al risultato, c’è davvero molto altro. C’è un atteggiamento spavaldo e aggressivo da parte di una squadra consapevole dei propri mezzi, ma che soffre le iniziative personali dei più talentuosi avversari, com’è giusto che sia: situazione che si ripete a inizio secondo tempo, ma questa volta arriva anche il gol del momentaneo vantaggio. Come nelle favole più belle, però, l’imprevisto è dietro l’angolo e Pavoletti, in pieno recupero, prova a trascinarsi il Genoa sulle spalle trovando il gol del pareggio, una rete che avrebbe tagliato le gambe a chiunque. A tutti tranne che ai ragazzi di Gregucci, i quali nel supplementare prima colpiscono una traversa con Fischnaller e poi, a cinque minuti dalla fine, rimettono la testa avanti con Boccalon (servito da uno straripante Marras). Non vi basta? Aggiungete che gli ospiti, a causa dell’infortunio di Manfrin, erano anche in dieci uomini dalla fine dei tempi regolamentari. C’è tutto il bello dello sport, l’imprevedibilità del calcio unita alla fede indomabile dei tifosi genoani, encomiabili nonostante la squadra non stia passando esattamente un grande momento, bravi anche ad applaudire l’impresa dei piemontesi. Trattare con rispetto una tifoseria come questa dovrebbe essere la regola, Preziosi invece sta facendo l’impossibile per farsi odiare da tutto il pubblico di fede rossoblu: per ottenere risultati in Serie A servono molto più che undici scommesse da cambiare interamente (o quasi) a ogni sessione di calciomercato. Specie perché non sempre si può estrarre il coniglio dal cilindro andando a pescare i vari Diego Milito e Thiago Motta, e a scherzare troppo spesso col fuoco si rischia di bruciarsi; un errore da non commettere, anche fosse solamente per rispetto di una delle maglie più importanti del calcio italiano.

Un discorso che, probabilmente, sino alla scorsa stagione sarebbe valso anche per l’Inter. L’avversario non era dei più ostici, è vero, perché il Cagliari non ha schierato la formazione tipo – come del resto l’Inter – ma i nerazzurri possono festeggiare qualche rientro importante. Biabiany è sembrato avere finalmente il passo dei bei tempi, Montoya sulla fascia ha spinto con costanza e ha spesso fatto male agli avversari, mentre Palacio si è tolto un po’ di ruggine andando a segnare la prima rete stagionale: il segnale più grande, però, lo hanno dato Kondogbia e Brozovic, il primo ancora troppo impreciso in fase di possesso palla, il secondo nel ruolo di centrocampista tuttofare come non si vedeva all’Inter dai tempi di Stankovic. Che questi due gol servano al croato per diventare anche l’idolo di Mancini, dopo aver spopolato sui social con l’ormai celebre esultanza?

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Alessandro Lelli