Home » Artem Dzyuba, l’inatteso leader dello Zenit

Chi scopre Artem Dzyuba soltanto oggi evidenzia limiti importanti nella propria conoscenza del calcio russo, è palese. E’ altresì vero che in pochissimi si sarebbero aspettati un impatto così clamoroso del roccioso centravanti 27enne con la maglia dello Zenit: chiamato a supportare tutto il peso dell’attacco, complice l’addio di Rondon, ha saputo fornire un apporto divenuto ben presto imprescindibile per Villas Boas, con gol realizzati e una straordinaria capacità di fare reparto da solo, cosa che Kerzhakov in Champions League raramente ha dimostrato. Il secondo gol di Hulk al Valencia è la chiara esemplificazione di tutto questo, con Artem bravissimo a riciclare un pallone alto e a trasformarlo in una ghiotta occasione per il brasiliano.

Arrivato a parametro zero in estate, Dzyuba è un prodotto dello Spartak Mosca, squadra rivale dello Zenit. Dalle giovanili allo scorso mese di giugno è stato sempre un  tesserato dei Myaso, anche se il rapporto non è mai stato del tutto idilliaco. I problemi dello Spartak, squadra più titolata di Russia ma che non vince un trofeo da oltre un decennio, non lo hanno aiutato, e molti altri prospetti di qualità sono stati bruciati dall’ambiente moscovita. Lui ha fatto in tempo a salvarsi, grazie ai diversi prestiti che lo hanno portato a segnare tanto in Siberia, al Tom, e in riva al Don, a Rostov, dove si è tolto la soddisfazione di alzare al cielo una coppa, quella di Russia, nel 2014, un successo che allo Spartak forse non avrebbe mai potuto ottenere. Ma non solo, la fortuna, perchè in questo caso è lecito affibiargli un’ accezione positiva, per lui è stata rappresentata dal suo carattere forte, magari a tratti scontroso, ma mai privo di quella voglia di scherzare che gli ha permesso di integrarsi alla perfezione nello spogliatoio dello Zenit.

I personaggi emblematici della sua esperienza allo Spartak sono due: Valerj Karpin e Unai Emery. Con il biondo ex Celta Vigo Dzyuba ha rischiato di venire alle mani, tant’è che al termine della Supercoppa con la Lokomotiv, con Karpin in città per la sfida della sua Torpedo Armavir, ha dichiarato: “E’ meglio che non ci vediamo, altrimenti per lui finisce male”. Diverso il discorso per Emery, uno dei tanti che, una volta lasciato lo Spartak, hanno vinto qualcosa. Dopo un inizio di stagione discreto, come spesso accade nella Mosca rossobianca, il tecnico iberico ci ha rimesso le penne con le goleade subite dallo Zenit e nel derby con la Dinamo; Dzyuba non gliele mandò a dire, definendolo allenatoruccio. Tutt’altro rapporto con gli specialisti incontrati a Tomsk, Rostov e San Pietroburgo.

In Siberia Nepomnyaschnij, straordinario uomo di calcio, lo ha aiutato e ha costruito la squadra attorno a lui. Il risultato è stato esaltante, ma non come a Rostov, tre anni dopo, dove disputò un’annata incredibile: 17 gol, con la ciliegina della vittoria in coppa di Russia. In quel periodo ad allenare i gialloblu c’era Bozovic, che vedeva in Dzyuba il più naturale terminale offensivo del suo gioco solido, concreto, esteticamente poco entusiasmante. In quel momento il centravanti più prolifico del paese vedeva il Mondiale, convinto di poter stupire anche fuori dalla Russia, ma Capello decise di non prenderlo, venendo poi smentito dal deludentissimo torneo giocato dalla nazionale.

La rivincita di Dzyuba deve però attendere soltanto un anno. Slutsky punta su di lui per raddrizzare il girone di qualificazione all’Europeo e il centravanti dello Zenit lo ripaga segnando in tutte le gare, per un totale di sei gol, con il marchio decisivo contro la Svezia, nella sfida che di fatto regala l’Europeo alla Russia. E con lo Zenit? A San Pietroburgo tutto va alla grande, nonostante le contestazioni iniziali. Avvantaggiato, come ha affermato lui stesso qualche giorno fa, dal limite sugli stranieri, scalza Rondon e trascina la sua nuova squadra, anche in Champions League, dove è terzo nella classifica cannonieri, dietro a Ronaldo e Lewandowski. D’altronde che le coppe europee fossero il suo habitat non è una novità, dato che a 20 anni segnava una doppietta a White Hart Lane e nel 2013 fu l’unico a salvare faccia nell’umiliante uscita di scena col Porto poi campione. Dzyuba e Hulk si incontrarono lì la prima volta, chi l’avrebbe mai detto che soltanto due anni dopo avrebbero formato una delle coppie d’attacco più forti di sempre?

Difficile trovare un punto debole in Dzyuba: è fisico, possente, eccezionale di testa, ma sa al tempo stesso toccare la palla e muoversi in maniera ottima. Ha fiuto del gol, visione di gioco e intelligenza. Ed è un grande mattacchione. Dopo Roman Shirokov è probabilmente il giocatore russo più forte in attività, e nel 2018 avrà sicuramente un ruolo di primo piano nel mondiale casalingo. Duole dirlo, ma senza il limite sugli stranieri, che tanti danni ha prodotto, non l’avremmo mai visto allo Zenit e lui avrebbe continuato a sprecarsi nella polveriera dello Spartak. Ora invece è riuscito a compiere il definitivo salto di qualità, e l’Europa comincia a tremare…