Tanti errori e poca programmazione: così nasce la crisi della Sampdoria
La stagione della Sampdoria è fin qui stata una lunga catena di errori, figli di un mercato estivo avventuroso e di una programmazione inesistente. Certo, a dirlo oggi, dopo 4 sconfitte consecutive e la zona retrocessione distante solo 2 punti, si rischia di passare per quelli che parlano solo con il senno di poi, ma accettiamo di correre questo rischio. Forse ci avevano ingannati i 5 gol al Carpi al debutto stagionale, e la buona partenza in campionato della squadra allora di Walter Zenga.
Forse siamo stati ingenui, e abbiamo ignorato i segnali, le spie d’allarme che hanno iniziato a lampeggiare forte già lo scorso 30 luglio, quando 4 gol incassati dall’anonimo Vojvodina stroncavano sul nascere i sogni di gloria europei dei blucerchiati. Forse ci siamo lasciati convincere troppo facilmente. Non ci siamo accorti che rispetto alla scorsa stagione, la squadra ha perso delle pedine fondamentali, per non dire la struttura portante delle fortune di Sinisa Mihjlovic in casa Samp. Romagnoli, Obiang, Okaka, Eto’o, ma anche seconde linee come Acquah e Duncan, che chiamate a dare una mano non hanno fatto mancare il loro contributo alla causa. Sono stati in tutto 13 i giocatori a lasciare la squadra. Alcuni erano eccedenze di una rosa troppo ampia (come Romero, strapagato e lasciato in panchina), altri era proprio impossibile tenerli (Romagnoli), ma in molti altri casi si è data l’impressione di cambiare per il gusto di farlo.
Forse non ce ne siamo accorti perché gli acquisti non sono stati poi così male, e ci siamo scordati che una squadra non è una somma di singoli, ma un gruppo, e che per costruire un gruppo ci vuole tempo. Questa dirigenza dà l’impressione di credere che cambiare sia sempre e comunque un bene. Un po’ come un anno fa, quando partiva Gabbiadini e arrivava Eto’o. Va bene, Gabbiadini era stato fino a quel momento decisivo e tra i due ci sono 10 anni di differenza, ma vuoi lamentarti di una società che ti compra Eto’o?
Si, ci siamo fatti distrarre. Ci siamo cullati nel dolce torpore di ritorni da amarcord come quelli di Zenga, Cassano e ora Montella, e non ci siamo accorti che oltre non c’era nulla di solido su cui costruire un futuro credibile. Ci siamo illusi che l’Éder strepitoso di inizio stagione (dei 21 gol segnati fin qui, 10 sono suoi) potesse durare per sempre e che tutto sommato i blucerchiati potessero fare a meno di un centravanti vero. Si, perché non ci siamo nemmeno accorti che è stata costruita una squadra piena di seconde punte e senza un giocatore in grado di far salire la squadra, per citare solo il più evidente dei “buchi” della rosa.
A inizio ottobre, abbiamo accolto con un’alzata di spalle l’addio di Gigi Cagni, allora vice di Zenga e uomo che conosce bene l’ambiente. Ancora poche settimane fa abbiamo creduto che bastasse sostituire un allenatore inadeguato per risolvere tutti i nostri problemi. Forse solo oggi capiamo davvero quanto sia stato fallimentare la prima parte del campionato della Sampdoria. Abbiamo finalmente scoperto che la buona partenza dei blucerchiati è stata figlia di una preparazione atletica iniziata prima e dello stato di grazia di Éder. Circostanze che non potevano durare per sempre. Con le altre squadre entrate in condizione, il loro speculare calo e il numero 23 che ha iniziato appena appena a rallentare, tutti i difetti sono venuti fuori all’improvviso.
La Sampdoria ha ancora il tempo e le risorse per rimediare a tutto questo. Nonostante le ultime partite dicano il contrario, ha una rosa che non è da buttare, e che in questa Serie A con 2-3 innesti mirati può dire la sua, un allenatore che fin qui ha fatto bene ovunque e che non c’è motivo di credere abbia perso di colpo tutta la sua competenza. L’obiettivo ora dev’essere finire il 2015 imbarcando meno acqua possibile, e prepararsi nel migliore dei modi per un 2016 che inizierà il prossimo 6 gennaio con il derby della Lanterna.