Cosa vuoi fare da grande?
Messi in archivio i risultati della tre giorni di Coppa Italia, è di nuovo clima campionato. Lazio e Juventus si sono ritrovate faccia a faccia nell’anticipo di ieri, e la serata dell’Olimpico ha dato da pensare per lo scarso dato del botteghino oltre che per l’esito della sfida.
Ma un salto indietro lo facciamo comunque, visti i nomi dei protagonisti dello scorso turno di coppa nazionale, promozioni e bocciature, sfuriate varie qua e là. Prendiamo Palermo: bocciato il linguaggio del corpo dei rosanero, tanto da attirare l’ira del patron Zamparini. Impresa non ardua, vista l’indole dell’ex proprietario del Venezia, eppure la sensazione che sia successo qualcosa di grave c’è: altro che coppetta, altro che torneo di cui nessuno si cura.
L’impresa dell’Alessandria al Renzo Barbera è il più classico dei Giant Killer, direbbero nel Regno Unito. Una squadra piccola che batte una grande, addirittura a casa sua: potersi regalare un sogno, con sguardo su Marassi per gli ottavi di finale. Ma resta sempre durissima, se vieni dalle categorie inferiori: per una folle regola, giochi sempre fuori casa e lì è dura vincere due volte di fila, figurarsi contro club di Serie A.
Bene è andata al Cagliari, che di una vittoria necessitava dopo il brutto infortunio di capitan Dessena e il cappotto di Brescia. Vogliosi di dare un segnale e dedicare l’impresa al loro leader, i rossoblù si sono tolti lo sfizio di piegare il Sassuolo di Di Francesco, una delle squadre più solide (e piacevoli da vedere) della massima serie: se quello dei sardi alla Serie A era solo un arrivederci lo vedremo poi, ma la visita all’Inter a San Siro certo ricorderà ai tifosi fasti e atmosfere di poco tempo fa. E nel dire Inter-Cagliari il tabellone flirta col destino: nel settembre 2014 fu la goleada dell’illusione zemaniana, prima della grande crisi e dell’agonia.
Detto che 5 mila crotonesi a Milano confermano l’irrazionalità e la follia dell’attuale regolamento di Coppa Italia (perché non sorteggiare il fattore campo?), Di Natale s’è confermato il cavallo di razza di un tempo, col Verona a metà tra sorriso e rammarico visto che il successo non vale 3 punti in classifica; il tutto mentre lo Spezia si guadagnava niente poco di meno che l’Olimpico di Roma, la Sampdoria aspettava il Milan e la Lazio l’Udinese: perché la via per il calcio continentale passa soprattutto da qui, specie nell’anno in cui le prime 4 o 5 corrono più che mai.
Eppure, tabellone alla mano, pochi dubbi: Juventus-Torino vale molto più dell’accesso a un quarto di finale e potrebbe entrare, il 16 dicembre, nella storia dei Derby della Mole. Mai sazi, i bianconeri puntano a nuovi trofei con cui riempire la bacheca più ricca d’Italia mentre i granata, con ancora fresca la ferita del gol di Cuadrado nella stracittadina di campionato, devono capire cosa vogliono fare da grandi.
Se la cavalcata dell’anno scorso in Europa League e i sicuri piazzamenti nella metà alta della classifica hanno regalato ai tifosi quella confidenza nei propri mezzi in passato messa in discussione dalle troppe retrocessioni o salvezze risicate, l’ultimo grande Toro di spessore europeo costruì la sua storia alzando la Coppa Italia e volando sino alla finale di Coppa Uefa: i primi anni Novanta come punto di riferimento, i progressi, la stabilità di questi anni e il ko alla Juve lo scorso campionato per crederci per davvero. E un inchino alla cara (e trattata male) Coppa Italia, mai come quest’anno crocevia dei destini dei club storici del nostro calcio.