A furia di prendere schiaffi, prima o poi la scossa arriverà.
Forse.
Speriamo, perché peggio di così non si può fare. Sto parlando di basket e nella fattispecie di Eurolega, che proprio non ci riesce a parlare italiano: è arrivata l’ennesima delusione, l’ennesima doppia sconfitta di quelle Milano e Sassari da cui qualcosa in più ce la saremmo pure potuta aspettare. E stavolta c’è da salutare l’Europa che conta.
Non che le due squadre, francamente, avessero organico, qualità e ambizioni di Final Four, ma almeno di non prenderle sempre (e così spesso) se lo sarebbero aspettate. E invece no, perché poi è il campo a parlare e questo ci dice della bassa qualità della nostra pallacanestro di club, almeno in questo momento storico: 1 vittoria in 6 uscite continentali per l’EA7, 0 assoluto per il Banco di Sardegna campione d’Italia.
Le stesse squadre che tra primavera ed estate si (e ci) dilettavano con 7 partite all’insegna di adrenalina e intensità difensiva: di acqua sotto i ponti ne è passata tantissima, roster rivoluzionati e amalgama mai trovata.
Ma basta la rivoluzione – a Sassari obbligata, voluta in Lombardia – a giustificare questa flessione? La situazione è peggiorata (anche) rispetto al non certo trionfale 2014-2015, dove i meneghini raggiungevano la Top 16 e i sassaresi prendevano quelle sane botte e batoste in qualche modo formative, propedeutiche, utili a cementare quella tenuta fisica e mentale della successiva cavalcata scudetto.
Non come quest’anno, dove Milano dà segnali tristissimi (Limoges?) e la Dinamo preoccupa nel linguaggio del corpo, nell’ormai tipico crollo alla mezzora di gioco, oltre che nell’incapacità di reggere per quattro quarti interi ritmi e intensità del basket più duro d’Europa?
Sconsolante e sconsolata la storia scritta sinora, preoccupante il futuro: segnali di ripresa se ne son visti pochi (un po’ di cuore Sassari ce l’ha messo, la rimonta dell’Olimpia…) ma non è un’Eurolega da affrontare di puro cuore. Specie se mancano automatismi e meccanismi di gioco, intesa tra compagni, serenità: forse l’Eurocup è la misura giusta per le nostre regine, ma che amarezza. Un tempo dominavamo.