Stasera tocca di nuovo a loro: gli Azzurri, dopo la qualificazione tutto sommato tranquilla a Euro 2016, si ritrovano infatti a Bruxelles per incrociare le lame contro la prima classificata del famigeratissimo ranking FIFA, quel Belgio che, da sensazione un po’ hipster degli ultimi due o tre anni, è diventato una realtà di primo piano nel panorama calcistico mondiale (a onor del vero più per il valore di ogni singolo calciatore che non per la loro somma, almeno per adesso. Wilmots è però un uomo furbo, capace e scaltro, sta lavorando ormai da anni alla costruzione di un gruppo che non sia eccellente solo a livello di individualità ma anche di identità, compito non sempre facilissimo nel suo Paese).
Sarà perché nonostante sia solo un’amichevole l’avversario è comunque di grossa caratura, sarà per la particolarissima cornice di stasera (quell’Heysel che non può essere vissuto come qualunque altro stadio del mondo da un tifoso italiano, qualunque sia la sua bandiera a livello di club), sarà perché perdere non è mai simpatico, sarà perché c’è senz’altro dell’hype attorno ai Diavoli Rossi per via della posizione nella graduatoria mondiale – la quale, per inciso, non smetterà mai di perplimerci ma tant’è – ma quello di stasera è un appuntamento stimolante in ottica Europei.
Sì, è vero, mancano ancora tanti mesi alla kermesse francese ma dopo un anno di sfide non proprio dotate di estremo fascino nel girone di qualificazione (Azerbaigian, Malta o Bulgaria non sono proprio squadroni e, onestamente, nemmeno la Norvegia), intervallate solo un paio di volte da amichevoli di prestigio – intensa e interessante quella con l’Inghilterra, mortalmente noiosa quella col Portogallo, al di là del ko finale. La voglia di tornare a respirare il clima di un grande incontro internazionale, a un anno e mezzo scarso dai Mondiali, è già tornata e la sfida coi belgi pare un’occasione propizia per mettersi alla prova.
Anche perché, con la qualificazione per Francia 2016 già in tasca, diciamolo serenamente: l’unico motivo di interesse nel guardare partite dell’Italia che non contano assolutamente nulla dal punto di vista del risultato può essere solo il fascino dell’avversario. Oggi è il Belgio, chiacchierato e additato come “squadra fortissima” (e a livello di individualità è senz’altro vero), una contendente che indubbiamente può farci capire a che punto siamo contro compagini più forti di noi – perché questa è la situazione di oggi, ha ragione Conte; martedì ci sarà invece la meno mediaticamente intrigante Romania, squadra che comunque agli Europei sarà presente e che può rappresentare un test utile per esperimenti vari ed eventuali nonché un’eventuale cartina tornasole per saggiare il lavoro svolto finora dal CT sulla mentalità: l’obiettivo è quello di giocare due ottime partite, a prescindere da tutto. È evidente che il tecnico non sarà soddisfatto se i suoi terranno alto l’onore contro Hazard e compagni solo perché avranno tutti i riflettori del mondo addosso e poi si produrranno in una prova insufficiente contro i rumeni: alti e bassi di concentrazione di questo tipo non saranno tollerati, Conte vuole un’Italia che sia sempre sé stessa tanto contro la Germania quanto contro Andorra.
Il mister salentino, infatti, l’ha detto più volte, chiaro e tondo: l’aspetto veramente centrale del suo mandato, almeno finora, è stato la costruzione di un’identità di gruppo che scorra veloce su due binari paralleli. Il primo è la coesione tra i giocatori in senso lato, di tutta la squadra e in tutti i suoi convocati a largo raggio (chi arriva in Nazionale deve essere accettato e integrato, anche se dovesse venire convocato in via semplicemente sperimentale per le sole amichevoli); il secondo è un’identità di gioco precisa che sia l’esatta traduzione sul campo di ciò che il CT vuole che sia un gruppo solido e compatto di calciatori, un’identità che faccia da sfondo e trascenda moduli e scelte di uomini.
Ecco, in quest’ultimo senso ci sono ancora grossi passi in avanti da fare e Conte – che non è un cretino – lo sa perfettamente: ecco perché cerca di organizzare sempre e solo amichevoli di prestigio, se non a livello di blasone, perlomeno a livello di gioco e risultati (ed ecco perché abbiamo affrontato la sorprendente Albania di De Biasi). Vuole stimolare i suoi, pungolarli, tenerli sul chi va là per farne delle macchine assetate di vittoria, talmente affamate e vogliose di fare risultato da sopperire ai loro limiti tecnici con la motivazione (abbastanza un marchio di fabbrica dell’allenatore ex Juventus, ben noto proprio ai tifosi bianconeri). In questo periodo di magra azzurra a livello di campioni convocabili, peraltro, non è che ci siano molte altre vie d’uscita da una situazione che non contempla più la possibilità di cavarsi d’impaccio dando palla al fenomeno X o crossando per il fuoriclasse Y, che poi ci pensano loro.
Oggi servono fame, rabbia e intensità. A partire da stasera, sperando di vederle soprattutto agli Europei. Perché, per più di un verso, Francia 2016 comincia già oggi.