Per la terza volta nella sua storia, la Nuova Zelanda è campione del mondo nel rugby union. Il titolo conquistato davanti agli 80 mila di Twickenham (Londra) si unisce ai trionfi del 1987 e del 2011, e vale un pezzetto di storia: mai gli All Blacks avevano vinto una Rugby World Cup fuori dai confini nazionali, nessuno aveva mai superato quota due successi.
Albi d’oro alla mano, è la prima volta che la stessa squadra vince il titolo in due edizioni consecutive: trionfo di storia e di statistica, trionfo di un rugby che non conosce rivali come storia, tradizione, radicamento e salute del movimento, forza della squadra nazionale.
Dall’altra parte un’Australia troppo tesa, se vogliamo nervosa. Certo superficiale in giocate, fasi statiche, atteggiamento. Praticamente nullo il gioco al piede, perché gli Wallabies la palla l’hanno avuta poco, controllandola pure male. Brutto il dato delle rimesse laterali: perse 3 delle 10 a disposizione, sempre in zona d’attacco. Dall’altra parte la perfezione: meno placcaggi sbagliati (15-27), una mischia conquistata, 11 offload contro i 4 degli australiani, 14 clean breaks a conquistare campo e spezzare gambe e fiato di un avversario sfiancato e mai in partita.
Al rientro, il copione è lo stesso e l’Australia fatica a prendere campo. Male la rimessa laterale, concessi turnover: All Blacks con le mani sulla coppa. Passano 2′ e Ma’a Nonu dice 21-3 e spacca una partita solo in parte riaperta dal giallo di Smith: Pocock e Kuridrani capitalizzano (21-17) ma i detentori escono di prigione poco dopo, col pazzo drop di Carter (+7) e la penalità del +10 al 70′. La corsa in solitaria di Barrett oltre la linea di meta arrotonda e disegna il punteggio più giusto: All Blacks sempre in controllo, Australia non pervenuta, finale mai nata.
Rugby World Cup – Finali
Sudafrica-Argentina 24-13 (finale 3° posto)
Nuova Zelanda-Australia 34-17 (finale 1° posto)