Facile il successo della Roma sull’Udinese, fin troppo facile. Tre reti in un tempo e mezzo, la classica dormita difensiva che regala un gol agli avversari, ma tre punti messi in cascina per Garcia e i suoi ragazzi, che tornano in vetta e non solo: mandano un segnale chiaro al campionato e alle concorrenti, quello che urla che la Roma quest’anno ha qualità, e se il tecnico sarà capace una volta per tutte di saperla far fruttare, i giallorossi, là sopra, potranno rimanerci fino alla fine.
Già, “se il tecnico saprà farla fruttare” questa qualità, e la punzecchiata a Garcia non cade all’improvviso, come lo farebbe un fulmine a ciel sereno. La Roma – palesemente la squadra con l’organico migliore, in questa stagione, in Italia – non ha ancora un gioco convincente del tutto; i capitolini non possiedono una manovra specifica, tale da renderli “tipici”. Mi spiego: pensate al Barcellona. Pensi a quella squadra, ti viene in mente il tiki-taka. Pensi alla Juve di qualche anno fa e ti viene in mente la grinta di Conte, riversata in un gruppo che giocava sangue agli occhi. Pensi al Real Madrid e ti sovviene l’eleganza e l’incisività di Ronaldo e compagnia bella; pensi al Bayern e noti la compattezza di un gruppo quadrato, solido, vincente, qual è la squadra bavarese.
Poi, pensi alla Roma di Garcia e… sì, sai che è la capolista in Italia, ma lo è grazie soprattutto alle sue individualità. La velocità di Gervinho, quella di Salah, i calci di punizione di Pjanic, la classe di Totti, l’esperienza di Maicon, la duttilità di Florenzi. Tutti grandi giocatori se presi uno a uno, e che nel collettivo dovrebbero essere coordinati, e forti, e vincenti. Ma non sempre riescono a esserlo.
Vuoi perché Garcia non è proprio un maestro della tattica, vuoi perché in fin dei conti siamo ancora all’inizio della nuova stagione, vuoi perché nella Capitale tutto è sempre più difficile da fare, però questa Roma non sta dando il massimo, e non sta andando al massimo. La Roma non ha un gioco proprio, nonostante sprazzi di ottimo calcio si siano visti contro i friulani. Troppo poco, però. Troppo poco in relazione alle dormite clamorose fatte contro Leverkusen e Bate Borisov, troppo poco se vengono in mente le partite contro Sampdoria, Sassuolo ed Hellas. Certo, il momento è assolutamente positivo, considerata anche la vittoria con la Fiorentina, i 25 gol messi a segno finora da un attacco che funziona (e in cui non si è ancora praticamente visto Dzeko) e il primato solitario in classifica, però… in casa giallorossa non si è ancora al top. Si può fare, e dare, ancora di più.
Sabato sera, luci a San Siro. L’Inter di Mancini, seconda in classifica insieme a Napoli e Fiorentina. Quell’Inter che ha vinto martedì sera col Bologna, ma che è in netto calo rispetto alle prime giornate (con Mancini che è un altro tecnico che, seppur abbia un mare di esperienza e carisma, non mi è mai sembrato un professorone in termini di tattica). Ecco: la sfida con i nerazzurri sarà il crocevia decisivo per i giallorossi, soprattutto per Garcia, alle prese col secondo scontro diretto nell’arco di una settimana. Se questa Roma vuole diventare grande davvero, non deve solo saper vincere, ma anche convincere, e può riuscirci solo e soltanto passando per le mani, le capacità, e l’esperienza di un allenatore all’altezza. Rudi Garcia, dimostra chi sei.