Pochi sorrisi, poca anima, poca roba

Se dalla Roma abbiamo avuto l’ennesima dimostrazione di immaturità, dalla Juventus abbiamo avuto, ieri sera, la conferma ulteriore che la squadra tenace e convincente delle scorse stagioni può definirsi, ora come ora, solo una lontana parente della Juve attuale. La due giorni di Champions League non ha sorriso alle due italiane, uscite dalle rispettive sfide con due punti complessivi che possono definirsi, alla fine dei conti, piuttosto amari.

Partendo dalla Roma, si può tranquillamente affermare che ciò che è mancato (sia all’una che all’altra) è stata la determinazione, la cattiveria, la convinzione, la fame. I giallorossi, capaci di sovvertire una situazione difficilissima e farne quattro al Bayer, in trasferta, si sciolgono come neve al sole dimostrando tutti i limiti dovuti a una gestione della squadra, e dello spogliatoio, non eccellente da parte di Garcia. La rosa c’è, ed è perfino competitiva; per tal motivo, in città si sta iniziando a puntare seriamente il dito contro l’allenatore francese. L’impressione è che quelle dita puntate abbiano, tutto sommato, una motivazione di fondo: questa Roma non ha un’identità, non ha uno stile di gioco, è confusa e arruffona, e lunatica, e gagliarda, e maldestra, e inconcludente. Garcia certo, sta lavorando sodo per trovare una soluzione, ma attualmente sembra un capitano bendato alla guida di un transatlantico. Se riuscirà a riaprire gli occhi e ritrovare la rotta, la barca la farà, magari, anche volare, sulle onde. E quelle dita le farà sparire a una a una.

Roma senza carattere, dunque, e Juventus senz’anima. I bianconeri sono la controfigura di se stessi, Allegri sta vivendo la sua solita, personale, crisi del secondo anno, in Italia solo prove opache, in Europa – dopo un buon avvio – sembra stia finendo la benzina. E poi Dybala: perché non più titolare? E gli acquisti dell’estate, che dovevano sostituire i tre campioni andati via, Pirlo-Tevez-Vidal: perché non stanno incidendo? Mandzukic, Alex Sandro, Khedira: nessuno di questi sta stupendo. Nessuno di questi sta facendo la differenza. Mercato sbagliato? Soldi buttati? O magari era tutto previsto, con la dirigenza bianconera che seppur abbia provato a sostituire quei tre insostituibili sapeva sin dal principio che sarebbe stata una stagione, questa, in cui si sarebbe raccolto ben poco? (Ecco: quest’ultima ipotesi mi sembra molto probabile)

Primo bilancio, dunque, piuttosto amaro per le italiane, in questa Champions League. Tre turni disputati: la Juve se l’è cavicchiata, la Roma ha preso pallottole ovunque, e da chiunque. Già, addirittura dal BATE Borisov. Situazione, questa, specchio del nostro calcio? No, non credo: penso si tratti di due situazioni a sé, allo stesso tempo uguali e diverse. Uguali, nel senso che sia per l’una che per l’altra si tratta di avere a che fare con una competizione in cui – nonostante la finale bianconera dello scorso anno, eccezione che conferma la regola – non si è più così abituati a imporsi. Diverse, invece, perché se in casa Roma il progetto di crescita c’è – ma non funziona alla grande in questo momento -, in casa Juve il progetto è un altro, e parla di rivoluzione, di cambiamento, di innovazione. Di fine di un ciclo e inizio di un altro ciclo. Già inizio di un nuovo ciclo: perché ricomincerà, ci mancherebbe certo, ma non da quest’anno, che in casa bianconera sembra sempre di più un periodo di pura transizione.

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Alex Milone