Figli di un dieci minore: Gianfranco Matteoli, il regista dei record
A portare la maglia numero dieci non sono state solo raffinate mezze punte, eccentrici fantasisti o trequartisti dalla difficile collocazione tattica. Spesso, il carisma della maglia in doppia cifra è stato appannaggio anche di classici registi, più vicini al centrocampo puro che alla linea degli attaccanti. Con l’evoluzione delle tattiche di gioco, a molti è capitato di dover ridefinire il proprio ruolo, l’esempio più illustre e recente è quello di Pirlo, ma ad ogni modo, se per una mezza punta pura la fluttuazione tra le linee può avvenire sì sulle fasce o nel ruolo di seconda punta pura ma spesso comporta anche un accomodamento in panchina, per un regista puro, lo spazio in campo si trova sempre. O meglio, probabilmente sarà proprio lui a disegnarselo.
Gianfranco Matteoli, nuorese di Ovodda, classe ’59, è stato un regista abile nel controllo del pallone e di passo breve, metronomo e cadenzatore dei tempi di gioco, all’occorrenza goniometro in grado di dettare le aperture spaziali per gli spread offensivi dei compagni o per guidare i ripiegamenti interiori di fronte a venti contrari. Una garanzia per gli allenatori, che in tal modo avevano la possibilità di imperniare i propri disegni tecnici sul fulcro della sua presenza in campo.
Matteoli si forma calcisticamente fuori dall’“Isola Ichnusa”, emigrando in tenerà età nel lombardo, prima a Cantù, poi sulle sponde comasche. Ventenne e poco più, partecipò alla vittoria di due campionati di serie C, il primo proprio con il Como, il secondo con la Reggiana. Da protagonista visse poi due ulteriori stagioni con il Como in cadetteria, sino alla promozione nella massima serie.
Dopo una prima stagione in A con i lariani, in cui aiuta i compagni a centrare la salvezza, passa alla Sampdoria, ai tempi del Regno di Vialli e Mancini (con i quali Matteoli aveva giocato anche in nazionale Under 21, dove annovera 15 presenze). Anche in questo caso la sua permanenza è limitata al transito annuale, anche perché nel suo ruolo va a pestarsi i piedi con lo scozzese Souness.
Ma da Milano, per Matteoli arriva la chiamata che vale una carriera: quella del Trap, allenatore dell’Inter. Fu proprio Trapattoni a ridefinire il ruolo di Matteoli, arretrandolo ulteriormente verso la linea di centrocampo, sino alla posizione antica di centromediano metodista. Anche perché nella metà campo alta, giostrava un certo Lothar Matthaus.
In Italia erano gli anni della resa dei conti tra le due grandi filosofie di gioco e Milano ne era il principale jet set. Da una parte il Milan di Sacchi e degli olandesi, che aveva appena trionfato sul Napoli di Maradona, con il suo gioco a zona pura, pronto a imporsi anche in Europa. Dall’altra, l’Inter di Trapattoni, eroe della Controriforma all’italiana, vessillifero post Herrera del gioco a uomo. Nella sua Inter, l’evoluzione del gioco all’italiana raggiunge l’apice a livello di club, idealmente continuando l’opera compiuta da Bearzot con l’Italia dell’’82.
Non è puro catenaccio e contropiede, ma un gioco ragionato, dove le fasi di gcoco vengono gestite in maniera bilanciata e Matteoli è uno dei pensatori in campo. L’Inter macina un record di punti in campionato e anche Matteoli, di suo, ne aggiunge uno personale: nonostante non fosse un realizzatore, il 27 novembre 1988 andò in gol contro il Cesena dopo soli 9 secondi e 9 decimi secondi, stabilendo un primato destinato a durare un lustro.
Sono di questi anni anche le sue sei presenze in nazionale, dove Vicini però gli preferiva “il Principe” Giannini.
Passati i trent’anni, nel ’90 iniziò una nuova fase della carriera di Matteoli, che tornò in Sardegna, per vestire la maglia del neopromosso Cagliari. In rossoblù continuò ancora diverse stagioni, entrando a far parte di una delle migliori formazioni isolane di sempre, anche grazie all’incontro con un altro grande esponente del calcio all’italiana: Carlo Mazzone, dal ’91 al ‘93 demiurgo del gioco cagliaritano. Insieme a Bisoli, Firicano, Oliveira e Dely Valdes, Matteoli fu protagonista di una cavalcata europea che portò il Cagliari sino in semifinale di Coppa UEFA. Lo stesso Matteoli, in una delle rare interviste rintracciabili in rete, così ricorda uno dei momenti più esaltanti, il turno vittorioso con i belgi del Malines, allora squadra di vertice europeo: “Che gioia quei successi. Mai come a Malines però. Lo stadio era tutto per noi, i nostri compaesani fecero un tifo d’inferno e la nostra vittoria per 3-1 fu il ringraziamento dovuto per quella gente meravigliosa”. Una delle reti portò la sua firma.
L’ultima stagione, nel 1994-’95, Matteoli la disputò a Perugia, per poi passare nello staff tecnico del Cagliari.
Una lunga e intensa carriera, a testimonianza che, per quanto oggi, nel cosiddetto “settore nevralgico”, si ricerchino intermedi dinamici e capaci di costruire, poi alla fine, chi trova un regista, trova un tesoro. Se poi fosse uno alla Matteoli, tanto meglio.