La classifica difficilmente mente, il campo ancor meno. Se la Juve non è ai piani alti della classifica, ma — anzi — si ritrova addirittura sotto al tanto criticato Milan di Mihajlović, la cosa è più che giustificata.
I bianconeri di Allegri a San Siro non vanno oltre lo 0-0 contro l’Inter, che non sarà uno spettacolo di squadra, ma, gara con la Fiorentina a parte, che ha sempre dimostrato di essere compagine solida e, in virtù di questo, merita di essere nel gruppetto di testa. La Juventus, dal canto suo invece, non è riuscita a vincere nemmeno una delle sfide contro le cosìddette “grandi” del campionato, fallendo ogni volta l’esame. Male contro la Roma, malissimo contro il Napoli, non bene ieri sera contro l’Inter. Per fare un paragone, il Napoli di Sarri ha vinto tutti e tre gli scontri diretti finora capitati in calendario: contro i bianconeri, contro il Milan e contro la Fiorentina nella sfida del San Paolo ieri. Dalle grandi sfide passa una stagione intera, sia in termini di punti che di psicologia e di spirito di squadra. Vincere aiuta a vincere, si sa, ma vincere contro le dirette concorrenti dà quel qualcosa in più sotto il punto di vista della convinzione.
Allegri non è nuovo a questo difetto: già con il Milan, al suo secondo anno (quello del “gol di Muntari”, per capirci), negli scontri diretti riuscì a vincere — sia all’andata e sia al ritorno grazie a quattro invenzioni complessive di Ibrahimović — solo contro la Roma di Luis Enrique, arrivata settima, e contro la miracolosa Udinese terza in classifica al Friuli. Poi solo sconfitte e pareggi, mai un acuto. Il contrario dell’anno prima, quando la cavalcata verso il diciottesimo titolo del Milan fu costruita proprio sulle vittorie negli scontri diretti con Inter e Napoli, seconda e terza classificata.
E ieri, nonostante un secondo tempo giocato con uno spirito diverso rispetto al primo, la Juventus ha dimostrato ancora una volta di non essere pronta per questa Serie A, così come non è ancora pronto a fare il leader Paul Pogba, che persi Vidal e Pirlo al suo fianco ha perso anche quelle certezze necessarie a far risaltare le sue qualità, troppo incatenate alla brutta strada intrapresa dal giovane talento francese. Un giocatore a tutto campo destinato a essere il dominatore incontrastato dei centrocampo di tutto il mondo grazie alla sua facilità di corsa, alla sua fisicità e alle sue doti tecniche che sta diventando schiavo della giocata ai tutti i costi, del colpo a effetto, del suo voler essere a tutti i costi l’erede di Zinedine Zidane.
Il numero 10 della Juve si guardi allo specchio e si metta una mano sul cuore, per diventare davvero un “grande” non ha bisogno di essere ciò che non è: gli basterà essere semplicemente Paul Pogba.