Quando si apre una pausa per le Nazionali, di norma, allenatori, dirigenti e giocatori di un club che non vengono selezionati dai vari CT possono tirare un relativo sospiro di sollievo: il prossimo impegno è lontano nel tempo e ci si può finalmente concedere il lusso di prepararlo per tempo e al meglio, magari cogliendo l’occasione per spezzare un filotto di risultati negativi oppure proseguire una buona marcia, lavorare su un cambio di modulo o fare le prime valutazioni parziali sulle risorse tecniche e come sfruttarle. Tuttavia, appena prima e appena dopo questi momenti di stasi dei principali club europei ma al contempo fondamentali vetrine internazionali, è lecito aspettarsi delle prestazioni che non sono in linea con quanto fatto fino a quel momento da una qualsiasi società che venga presa in esame, sia in positivo che in negativo.
Questo tipo di prestazioni anomale hanno tendenzialmente due radici: o la mancanza di concentrazione di una formazione composta perlopiù da nazionali dei vari Paesi che sono magari attesi da sfide decisive di qualificazione ai grandi tornei quadriennali, oppure la voglia e la determinazione che arrivano dalla voglia di chiudere al meglio un mini-ciclo di qualche partita esagerando volontariamente il ritmo, specialmente se in rosa è presente un giocatore nel giro della selezione del suo Paese deciso ha mettersi ulteriormente in mostra appena prima di rendersi disponibile per il suo CT (e chissà, strappare così una maglia da titolare).
Chiaramente, più si possiedono giocatori che difendono abitualmente i colori delle loro patrie e più sale la probabilità che la famigerata pausa alteri qualcuno dei valori in campo. Però, può capitare persino questo, può anche accadere che due settimane di spazio per le selezioni nazionali non cambino assolutamente nulla. A una prima occhiata, infatti, è questa la sensazione che ha dato Torino-Milan: i padroni di casa sono in salute ma sono ancora schiavi di alcune disattenzioni dietro e di momenti della gara in cui si assentano più mentalmente che fisicamente (e che tendono a pagar caro), così come talvolta appaiono atavicamente incapaci di dare quel quid in più nel finale che spesso partite del genere ti consente di vincerle.
Il Milan pare invece già essere instradato verso un campionato di lungodegenza: Berlusconi aveva promesso soprattutto un atteggiamento completamente nuovo e, se si può citare la caratteristica meno mutata dei rossoneri durante la pausa, questa è esattamente l’atteggiamento. Il modo in cui Baselli ha potuto firmare il pareggio granata dopo soli dieci minuti e le occasioni nel finale capitate al Torino dimostrano ancora una volta quanto sia instabile e tendendente allo psicotico l’intelletto – chiamiamolo così – collettivo dei rossoneri. Meno male che Bacca c’è, verrebbe da dire (difficile capirne del tutto l’esclusione dai titolari sempre e comunque, mica solo stavolta) ma al di là del colombiano e di un Bonaventura ispirato una settimana sì e due no non ci siamo ancora e non ci siamo proprio. Mihajlović era atteso al varco, doveva fare di più e di meglio e invece la quarta vittoria stagionale stenta ancora ad arrivare, i punti sono appena dieci e la prossima settimana, di scena a San Siro, arriva la mezza bestia nera del Sassuolo.
Il Toro, forte di quattro lunghezze in più, si gode invece una quantità decisamente pià alta di certezze rispette agli avversari di serata e, tra queste, impossibile non nominare il buon Baselli, a segno per l’ennesima volta e forse finalmente in cammino sulla giusta rotta per diventare il bravo giocatore che tutti si aspettavano diventasse già qualche anno fa (Ventura semplicemente magistrale nel capire che il ragazzo, più che contenere e ripartire come regista di fronte alla difesa, è invece cresciuto come una mezzala potenzialmente ultra-prolifica). Certo, non ci sono solo i lati positivi – gol subito anche ieri sera e un’ennesima rimonta da compiere, considerando tutte quelle fatte negli ultimi due o tre anni – ma certamente il futuro sembra brillare più per i granata che non per i rossoneri.
Del resto, dopo una pausa, anche se spesso si giocano partite anomale, c’è sempre il rischio che, nonostante il nuovo periodo sorgano vecchi (e indesiderati) difetti.