Uno degli aspetti negativi più evidenti del calcio italiano attuale – che si riverbera automaticamente anche alle vicende della Nazionale azzurra – è la mancanza di un vero e proprio cambio generazionale significativo in attacco. Se un tempo il reparto avanzato era il nostro fiore all’occhiello, se un tempo eravamo una fucina di talenti, adesso fatichiamo enormemente a trovare punte valide da inserire nel gruppo della Nazionale maggiore.
L’Italia campione del Mondo 2006 poteva contare, nelle sue fila, su gente come Totti, Del Piero, Toni, Gilardino e Inzaghi: tutti calciatori di un certo spessore, soprattutto internazionale, che con una giocata potevano risolverti anche le partite meno brillanti. Prima ancora, attenendoci rigorosamente agli anni ’90, i vari Baggio, Vialli, Mancini, Vieri, Signori. Adesso la musica, purtroppo, è cambiata: il ct Antonio Conte deve attingere alla colonia degli oriundi (vedi Éder e Vázquez) oppure chiamare in causa calciatori come Zaza e Immobile che non stanno nemmeno giocando titolari nei rispettivi club.
Chiaro che, come in tutte le cose, le colpe non sono di un solo soggetto. Ma la situazione del nostro campionato può aiutarci a capire le radici di questa “crisi di rinnovamento”. Se prendiamo in esame infatti gli attaccanti che giocano titolari in Serie A, è chiara come il sole la propensione dei club a puntare sugli stranieri. E quelle squadre che decidono di affidarsi agli italiani, scelgono un usato sicuro, calciatori esperti per lo più over 30.
Vediamo nel dettaglio. Le squadre più blasonate hanno ben pochi attaccanti italiani sui quali puntano in maniera decisa: la Juventus ha il già citato Zaza (il quale però sembra essere la quarta scelta di Allegri); la Roma ha il solo Totti (che, chiaramente non può essere definito, dall’alto delle sue 39 primavere, un giovane da lanciare; la Fiorentina ha Rossi (ma i dubbi in questo caso riguardano la sua tenuta fisica); il Napoli punta forte su Insigne, mentre Gabbiadini sta incontrando moltissime difficoltà con Sarri; la Lazio ha il 31enne Matri, il Milan lo scostante Balotelli e l’Inter, dulcis in fundo, non ha nessun italiano.
Le cose non vanno meglio se si prendono in considerazione tutte le altre squadre: l’Empoli punta ancora sul 36enne Maccarone, l’Hellas Verona sul 37enne Toni e su Pazzini, classe ’84, l’Udinese schiera Totò Di Natale, 38 anni appena compiuti. Nel Torino il titolare inamovibile è Quagliarella – 32 primavere -, a Palermo gioca quasi constantemente il classe 1982 Gilardino, così come a Carpi la scelta è ricaduta su Borriello, anche lui 33enne.
E così chi rimane? Il Bologna ha Destro, giovane ma ancora inespresso, il Sassuolo Berardi (l’unico con una certa tecnica), il ChievoVerona Paloschi, il Genoa prova a proporre Pavoletti. Dietro di loro il nulla o quasi: troppo poco per una scuola, come quella italiana, che ha sfornato campioni in tutte le epoche calcistiche. I numeri parlano chiaro: urge una rapida sterzata, subito.