Nel pomeriggio si è posta la parola “fine” a un’ondata processuale che iniziò il 15 maggio 2011, data dell’ormai famigerata Lazio–Genoa. La partita finì 4-2 per il club capitolino ma nell’immdiato emersero dubbi sull’irregolarità della stessa: Stefano Mauri fu condannato a sei mesi di squalifica (Palazzi chiese l’abnormità di quattro anni e sei mesi), la Lazio pagò 400mila euro come disciplinare essendo stato il reato derubricato da illecito sportivo a omessa denuncia. Il Genoa si salvò con un proscioglimento.
I fatti ci portano all’estate 2015 quando il procuratore Palazzi invocò la revocazione del processo il 12 agosto con un ritardo inescusabile (il codice di giustizia sportiva parla di trenta giorni) poiché i nuovi fatti li conobbe il 7 maggio nell’incontro con il pm Di Martino. La memoria difensiva dell’avvocato Mascia parlava di un tentativo a “tirare a indovinare di Ilievski per compiacere la tesi accusatoria senza, tuttavia, indovinarne una“.
In tarda serata arrivano le parole a Pianetagenoa1893.net del secondo avvocato difensore del Genoa, Mattia Grassani: “Non è stato riconosciuto alcun elemento di novità nelle dichiarazioni del latitante Ilievsky che si è costituito dopo 3 anni alla Procura della Repubblica di Cremona: siamo molto, molto soddisfatti. La Corte Federale di Appello ha ritenuto insussistenti i presupposti per riaprire un processo che in due gradi di giudizio aveva visto il Genoa e Milanetto completamente prosciolti. Usciamo a testa alta, giustizia è fatta“.
Ennesimo tentativo a vuoto di Stefano Palazzi, Milanetto non sarà squalificato e il club più antico d’Italia non subirà l’inflizione di tre punti di penalizzazione. In Italia le recenti novelle normative hanno introdotto una forma di responsabilità civile per i magistrati prevedendo, ex novo, l’errore o travisamento dei fatti sulla base del modello di Common Law inglese. É utopico chiedere altrettanto in termini sportivi nei confronti di talune persone che, dal 2006 a oggi, non ne hanno azzeccata una?