A metà degli anni ’90, un tratto darwiniano si va affermando nelle caratteristiche fisiche del classico numero 10. Sopravvissuto da sempre a un ambiente ostile, grazie a doti compensatorie quali agilità, rapidità e scaltrezza, necessariamente in combinato disposto con una tecnica superiore, il fantasista d’improvviso si ritrovò accerchiato da un branco di atleti vitaminizzati, aeorobicamente dotati, esposti a rafforzamento tecnico e strutturati per competere sulle linee rigidamente organizzate della catena di produzione di gioco post sacchiana. Tempi moderni: alcuni come Zola, decidono di emigrare, altri come Del Piero intraprendono programmi di rafforzamento muscolare, qualcuno, come Baggio, si sposta nelle oasi protette di provincia. Il nuovo numero dieci, assume le fattezze e le misure standard di uno Zidane.
Lamberto Zauli, nato nel 1971, si ritrova nel mezzo della generazione del cambiamento. Alto 1,88 cm, sta incantando nelle serie minori italiane, meritandosi per l’appunto l’appellativo di “lo Zidane della serie B”. Forte nei calci piazzati e raffinato nel controllo di palla, accarezza il pallone con una grazia insolita per i “pennelloni” del suo stampo. In qualche misura, ricordando il coetaneo fuoriclasse finlandese dell’Ajax, Jari Litmanen, più che Zinedine Zidane, rispetto al quale ha meno attitudine alla regia.
Fisicamente Zauli è strutturato per la nuova competizione globale ma fatica a emergere dalla provincia. E’ lui il tassello più prezioso del Ravenna, che in quelle stagioni arrivò a disputare la serie cadetta. Finché non arrivò la chiamata del suo mentore ed ex allenatore ravennate, Francesco Guidolin.
Così, a 26 anni, Zauli arrivò in serie A in quel di Vicenza, dove era in corso una nuova età dell’oro per i colori biancorossi, dopo i fasti anni ’70 del “Real Vicenza” di Paolo Rossi. La squadra aveva appena vinto la Coppa Italia e si apprestava a giocare la Coppa delle Coppe. Era la squadra di Ambrosini e Ambrosetti, di Pasquale Luiso e dell’uruguagio Otero. La cavalcata in coppa fu a briglie sciolte. Il Vicenza superò Legia Varsavia, Shaktar Donetsk e Roda, sia contro i polacchi che contro gli olandesi, Zauli appose la sua firma.
Ma il momento saliente dell’avventura del Vicenza e della carriera di Zauli, arrivò in semifinale, quando di fronte al Vicenza si stagliò l’ostacolo del Chelsea, la squadra londinese che aveva appena iniziato a plasmare nuovamente la propria identità, a colpi di portafoglio.
Il 2 aprile 1998 un Vicenza spavaldo accolse al Menti la squadra dove militavano Vialli, Zola e Di Matteo. E dopo un quarto d’ora circa, dalla scatola dei trucchi, Lamberto Zauli tirò fuori il suo numero più bello. Raccolto un lancio sul vertice dell’area di rigore, con un aggancio al volo si portò la palla verso l’interno, finta e ricamo sul difensore Duberry e sinistro all’angolo opposto. Uno zig zag da cui il difensore dei londinesi uscì frastornato e stordito, mentre l’intera Europa assisteva a una magia di istinto e talento puro, qualcosa di più simile al pattinaggio artistico che al calcio ordinario, un numero alla Evgenij Pljuščenko, sul prato verde.
La magia di Zauli sospingerà verso un sogno il Vicenza fino alla metà del primo tempo della partita di ritorno, quando da un suo cross pennellato, arrivò il provvisorio vantaggio a Stamford Bridge, siglato dal Toro di Sora, Pasquale Luiso (“Crossatemi una lavatrice e colpirò di testa anche quella”). Poi, l’improvviso ritorno del Chelsea, una fiammata da tre gol e il sipario sull’avventura.
Lamberto Zauli scelse di rimanere a Vicenza anche nei declinanti anni successivi, nonostante le molte offerte di altre squadre di serie A, per gratitudine verso la città che lo aveva lanciato.
Il sodalizio con Vicenza terminò nel 2001, con il passaggio al Bologna, dove realizzò 6 reti in 26 partite. Passati i trent’anni tuttavia, i problemi fisici iniziarono a farsi sentire con frequenza e ne minarono il rendimento. Dal 2002 a 2005 per tre stagioni andò a Palermo, dove deliziò gli spettatori del Barbera in coppia con Luca toni, fino a sfiorare l’accesso in Champions League. Poi Sampdoria, Bologna, fino alla dissolvenza agonistica nelle serie minori.
A fine carriera, Zauli totalizzò 146 presenze e 20 reti in Serie A, non arrivando mai a indossare una casacca azzurra. Probabilmente oggi, non gli sfuggirebbe una convocazione.