La rinascita calcistica di Zenga
Era il 30 luglio 2015 quando, al debutto sulla panchina della Sampdoria, Walter Zenga già sembrava in procinto di lasciare i blucerchiati. Le voci di esonero si rincorrevano a causa di un brutto 0-4 che, nella testa dei tifosi sampdoriani, suonava come un déjà-vu inatteso dell’annata 2010/2011, quella della retrocessione avvenuta qualche mese dopo la conquista del preliminare di Champions League. Anche in quel caso vi fu un cambio d’allenatore, anche in quell’occasione una sconfitta europea diventava simbolo della falsa partenza. La Sampdoria non si è vendicata per quella sconfitta, visto che la settimana dopo ha perso la possibilità di disputare l’Europa League conquistata a tavolino e sottratta, guarda caso, proprio agli acerrimi nemici rossoblu. Da quel momento in poi, però, Walter Zenga ha saputo riportare sulla retta via un gruppo che, sulla carta, ha tutto ciò che serve per far bene; e chissà che quell’eliminazione non sia stata addirittura un bene per la formazione genovese.
Far bene, per una squadra come la Sampdoria, significherebbe anche solo ripetere i risultati della passata stagione, magari accedendo all’Europa direttamente: e vista la grande difficoltà delle squadre più blasonate a ingranare, si tratta di un obiettivo non del tutto fantascientifico. La grande varietà di soluzioni tattiche a disposizione del tecnico ex Catania e Palermo, effettivamente, è un privilegio che non tutti gli allenatori di Serie A hanno a disposizione; dare un’anima a una squadra ferita e umiliata contro una concorrente non proprio irresistibile come il Vojvodina, però, è un merito che non può passare inosservato.
Tatticamente c’è poco da dire, Zenga ha dimostrato di non avere paura a cambiare disposizione tattica anche solo a partita in corsa, figuriamoci da una partita all’altra. Contro l’Inter, in un incontro sostanzialmente dominato per 75 minuti dai blucerchiati, Walter non si è affidato soltanto alle ripartenze di Muriel ed Eder, ma anche alla qualità nel palleggio dei centrocampisti (impressionante la crescita calcistica di Soriano, da meteora a imprescindibile in poco più di un anno) e alla freschezza dei giovani. Moisander e Correa, per esempio, che indipendentemente dal gol sbagliato a porta vuota è sicuramente un ragazzo su cui puntare, specie se riuscirà ad acquisire nel tempo continuità di rendimento. Vogliamo parlare di Pereira, poi? Nemmeno 18 anni compiuti e, almeno nella fase offensiva, una sicurezza da veterano: specie in occasione dell’assist, un cross teso, forte e preciso che ha tagliato fuori la chiusura difensiva di Medel. In un calcio sempre più tattico e meno ricco di gesti spettacolari, vedere giocate simili compiute da un ragazzo del 1998 non può che fare piacere; le sue lacune difensive, però, hanno costretto Zenga a mettere Eder dal suo lato, nel tentativo di placare le avanzate di Perišić.
Limitare il proprio gioco alle sole ripartenze vorrebbe dire sminuire le qualità tecniche e tattiche di Barreto e Fernando: la formazione blucerchiata ha finalmente un centrocampo in grado di palleggiare con pazienza, nel tentativo di far aprire le difese avversarie per poi trovare la verticalizzazione giusta per una delle punte. Così la Sampdoria potrà impensierire le grandi sino alla fine del campionato, specie se la condizione atletica di Eder e Muriel dovesse continuare a essere quella di queste settimane. Cioè devastante.