Non di sola passione vive il calcio
In contesto macroeconomico poco esaltante, con la ripresa economica nell’Eurozona che stenta a decollare, nel vecchio continente c’è un settore che quest’estate ha mosso miliardi di dollari: il calcio. Da uno studio condotto dalla FIFA, si evince che nella finestra estiva dedicata al calciomercato, le società calcistiche dei principali campionati europei (le cosiddette big 5, ovvero Inghilterra, Francia, Germania, Italia e Spagna) hanno concluso trasferimenti internazionali di calciatori per 2.396 milioni di dollari, con un incremento del due per cento rispetto all’estate scorsa.
I trasferimenti internazionali vengono registrati in archivi digitali, grazie al sistema TMS (Transfer Matching System), introdotto nell’ottobre del 2010 dalla Federazione Internazionale di calcio. Il TMS consente alle società di semplificare la gestione dei trasferimenti e permette alle federazioni di monitorare le transazioni su scala mondiale. Inoltre il sistema si prefigge di migliorare la trasparenza delle singole operazioni, promuovendo l’affidabilità dei trasferimenti e contrastando il fenomeno del riciclaggio di denaro nel calcio.
L’Inghilterra guida la classifica degli acquisti internazionali con una spesa di 996 milioni di dollari (-2% rispetto al 2014), a fronte di incassi provenienti dalla cessioni per 382 milioni (-10 %), facendo segnare un saldo negativo di 614 milioni. Molto più distaccate le altre nazioni: le squadre spagnole hanno speso in trasferimenti internazionali 495 milioni di dollari (-23% rispetto al 2014), incassandone 310 (-51%). Vale la pena ricordare, che sul dato spagnolo pesa il blocco di mercato imposto sino alla fine di quest’anno dalla Fifa al Barcellona, reo di aver violato alcune norme nel tesseramento di calciatori minorenni.
Sul gradino più basso del podio c’è Italia: le società calcistiche del belpaese hanno acquistato calciatori dall’estero per un valore di 389 milioni di dollari, mentre ne hanno incassati 274 milioni dalle cessioni (+7%). In sintesi, le nostre compagini hanno fatto registrare un saldo negativo di 115 milioni di dollari, tesserando dall’estero 195 calciatori e cedendone 251. Al quarto posto troviamo la Francia, con 270 milioni di dollari spesi (+65% rispetto al 2014), ma con incassi pari a 340 milioni (+60%), per un saldo positivo di 70 milioni. La Germania occupa la quinta posizione: nell’ultima sessione di mercato, le squadre tedesche hanno speso 248 milioni (-7 % rispetto al 2014) e ne hanno incassati 300 dalle cessioni all’estero (+105%), con un saldo positivo di 52 milioni.
In totale, nella sessione estiva del calciomercato, considerando sia i trasferimenti nazionali che quelli internazionali, la Premier League si conferma il campionato che ha speso di più, infatti le squadre inglesi hanno sborsato 1,18 miliardi di euro per gli acquisti di nuovi calciatori, a fronte di incassi da vendite per 600 milioni. Le società della nostra Serie A hanno messo sul piatto 577 milioni per accaparrarsi i migliori talenti in circolazione, incassandone 505 per le vendite. Le squadre della Liga Spagnola hanno speso 575 milioni nell’ultima finestra di calciomercato, mentre hanno fatto registrare entrate da trasferimenti per 388 milioni. Tra i campionati più virtuosi troviamo la Bundesliga, con spese per 410 milioni di euro e incassi da trasferimento pari a 476 milioni. Chiude con un saldo positivo di 96 milioni la Ligue 1 francese, grazie a entrate da vendite per 403 milioni. Da segnalare anche il saldo nettamente positivo per il campionato portoghese, infatti la Primeira Liga ha chiuso con un attivo di 216 milioni di euro (con vendite pari a 287 milioni), facendo sorridere le società portoghesi, nonché i fondi di investimento che detengono direttamente o indirettamente quote del parco giocatori delle società lusitane.
Vale la pena sottolineare che dal 2013 a oggi, gli stipendi dei calciatori pesano sul 57% del totale dei soldi circolati sul mercato internazionale, mentre il 41% riguarda le spese relative ai trasferimenti e il rimanente 2% è assorbito dalle commissioni destinate agli intermediari e ai mediatori. Le considerevoli cifre dell’ultimo calciomercato non sono una novità, basti pensare che nel 2014 società e calciatori hanno siglato contratti per 6 miliardi di dollari, che aggiunti ai 4,06 miliardi relativi ai trasferimenti e ai 236 milioni destinati agli intermediari, portano alla cifra monstre di 10,33 miliardi di dollari.
Gran parte degli introiti per le società calcistiche arrivano dai diritti televisivi. In Italia la Lega Serie A e l’advisor Infront hanno strappato contratti milionari alle due principali pay-tv che operano nella nostra penisola. Infatti per il triennio 2015-2018, Sky ha acquisito i diritti relativi alla trasmissione di tutte le partite del massimo campionato per 572 milioni, mentre Mediaset ha siglato un accordo di 373 milioni (ben 100 milioni in più rispetto al precedente contratto) per trasmettere sul digitale terrestre le partite di otto squadre del campionato, per un totale di 248 incontri.
A queste cifre vanno aggiunti i 66 milioni che la Rai verserà in tre anni per la Coppa Italia e la Supercoppa, senza dimenticare i 250 mila euro per i diritti radiofonici. Inoltre i diritti dei programmi in chiaro per il prossimo triennio valgono 50,4 milioni: infatti sono 36,9 i milioni che la Rai si è impegnata a versare per la trasmissione degli highlights nel programma 90° minuto, mentre Telecom sborserà 13,5 milioni per il pacchetto internet e telefonia mobile relativo al campionato di Serie A e 500 mila euro per le altre due coppe nazionali. Per la Serie B, invece, Sky verserà 14 milioni a stagione per il triennio 2015-2018, ovvero il doppio rispetto al precedente accordo. Infine, MP & Silva ha acquisito i diritti per la trasmissione del campionato italiano all’estero per 185,6 milioni all’anno (con un incremento del 60 % rispetto al precedente accordo). In sintesi i diritti televisivi garantiranno per il prossimo triennio ricavi per 1,2 miliardi all’anno.
Se le cifre per il campionato italiano sembrano alte, quelle per il campionato inglese sono stratosferiche. Infatti, la Premier League ha siglato accordi per la trasmissione delle partite per un ammontare di 3 miliardi di sterline annui per il triennio 2016-2019. Oltremanica non vengono trasmesse tutte le partite, ma vengono negoziati singoli pacchetti (nei prossimi tre anni si arriverà ad una copertura televisiva del 44%). Questa soluzione è stata adoperata per incentivare la presenza negli stadi dei tifosi. In particolare Sky Sport ha acquistato i diritti per la trasmissione di 126 partite a stagione, mentre BT Sport ha acquisito i diritti di 42 partite, le due pay-tv verseranno 6,7 miliardi nel prossimo triennio a cui vanno aggiunti 750 mila euro annui per la trasmissione dei diritti tv all’estero. Ciò che caratterizza il sistema britannico è la distribuzione bilanciata dei ricavi tra le squadre appartenenti alla Premier League: il 50% dei proventi televisivi viene distribuito in parti uguali tra tutti i club, il 25% in base al piazzamento in classifica e il restante 25% in base al bacino d’utenza. In pratica lo scorso anno il Chelsea è stata la squadra che ha incassato di più dai diritti tv con 138,6 milioni di euro di entrate, seguita da Manchester City (137,9) e Manchester United (135,5), mentre la squadra che ha incassato di meno è il Queens Park Rangers con 90,8 milioni, poco meno della squadra italiana che ha intascato più soldi, ovvero la Juventus (96,1) e molto di più di Milan (78,5), Inter (78,4), Roma (62,2), Napoli (61,2) e Lazio (51,4). In Inghilterra tira anche il prodotto offerto dalla serie cadetta, infatti la Championship ricava 240 milioni annui dai diritti televisivi.
La Germania, invece, si conferma il paese più virtuoso, con un rapporto tra costi e fatturato inferiore al 40%, un dato nettamente migliore rispetto alla media europea, che oscilla tra il 60% e il 70%. Le società della Bundesliga ricevono dai diritti televisivi circa 700 milioni annui, per un totale di 2,5 miliardi per il quadriennio che va dal 2013 al 2017.
In Spagna la fanno da padrone il Real Madrid e il Barcellona, con i madrileni in testa alla classifica dei brand più prestigiosi stilata da Forbes, con una valutazione di 3,26 miliardi di dollari, mentre al secondo posto troviamo proprio il Barcellona con 3,16 miliardi. Lo scorso anno il Real Madrid ha incassato 156,8 milioni di euro dai diritti televisivi della Liga, su un fatturato totale 613 milioni, mentre la squadra catalana ha fatto registrare entrate totali per 540 milioni di euro, su cui hanno inciso fortemente i 160 milioni derivanti dai diritti televisivi, che le pay-tv hanno pagato per trasmettere le partite dei blaugrana nella Liga. In Spagna, dietro i due club più importanti al mondo, le altre faticano: il Valencia ha intascato 48 milioni dai diritti tv, mentre l’Atletico Madrid ha beneficiato di entrate pari a 41,6 milioni. Per evitare questa evidente sproporzione, dalla stagione 2016/2017 i diritti verranno distribuiti mediante un sistema collettivo, prendendo spunto dal modello britannico.
In Francia nella scorsa stagione le società si sono spartite 467,9 milioni di euro derivanti dai diritti tv, con il Paris Saint Germain che ha incassato 45,5 milioni, su un fatturato di 528 milioni di euro. Il PSG di proprietà della Qatar Investment Authority, riceve importanti sponsorizzazione da parti correlate, basti pensare che l’Ente per il turismo del Qatar versa nelle casse della società parigina circa 150 milioni di euro a stagione, mentre il Gruppo Ooredoo sponsorizza il PSG per 15 milioni all’anno. Su queste operazioni si è pronunciata la Uefa, che con riferimento alla normativa sul fair play finanziario ha sanzionato la società della capitale francese: imponendo di scrivere in bilancio le sponsorizzazioni al loro valore di mercato (riducendo del 50% il dato iscritto in bilancio) e multando la società dello sceicco Al Thani per 60 milioni (di questi ne saranno restituiti 40 se verranno soddisfatte le indicazioni fornite dalla Uefa). Infine in sede di mercato, il PSG sta rispettando un tetto massimo di spesa di 60 milioni per le stagioni 2014-15 e 2015-16, ma ciò non ha impedito alla proprietà qatariota di piazzare due colpi ad effetto nelle ultime sessioni di calciomercato: infatti nell’agosto del 2015, la compagine francese ha acquistato Ángel Di Maria dal Manchester United per circa 60 milioni, mentre nel giugno del 2014, il PSG ha sborsato 50 milioni per assicurarsi le prestazioni del brasiliano David Luiz dal Chelsea, non venendo meno al richiamo del mercato.