Cosa sta succedendo in casa Red Bull? La tappa di Suzuka avrebbe dovuto segnare il definitivo punto di svolta della compagine austro-britannica e invece sia Daniel Ricciardo che Daniel Kvyat hanno faticato a trovare il bandolo della matassa. E, nel caso del russo, anche la giusta traiettoria considerando lo spaventoso botto nelle qualifiche.
Ricciardo, protagonista lo scorso anno di tre vittorie, è stato penalizzato al via da una ruotata ricevuta da Felipe Massa e la sua corsa è stata sempre in salita fino a chiuderla 15esimo; Kvyat invece si è dovuto accontentare di un anonimo 13esimo posto. Eppure l’australiano, sette giorni prima a Singapore, aveva rischiato il successo ai danni di Vettel e il russo di Roma lottava con Rosberg per un posto ai piedi del podio.
Configurazione di tracciato diverse sì, ma gli alti e bassi Red Bull fanno riflettere e preoccupare allo stesso tempo il boss della Formula 1 Bernie Ecclestone, il quale sta attendendo con ansia lo sviluppo delle trattative tra i 4 volte campioni del mondo e la Ferrari, per la fornitura dei motori nella prossima stagione.
Dopo il divorzio dalla Renault e il mancato accordo con Mercedes (sfumato a pochi passi dalla firma per il veto posto da Toto Wolff e Niki Lauda, ovvero i vertici della squadra di Brackley) è subentrata la Ferrari che, dapprima aveva proposto i propulsori 2016, per poi cambiare registro e proporre i propulsori con le specifiche 2015 che si vedranno da Austin.
Ovviamente ciò comporterebbe un salto indietro per la Red Bull, che diventerebbe non più di una squadra di seconda fascia, al pari di Williams e Force India. Uno smacco per Dietrich Mateschitz, il quale avrebbe pensato al ritiro delle sue due squadre (compresa Toro Rosso che sta guardando ai motori Honda) alla fine della stagione poiché il gruppo di progettisti diretti da Newey non avrebbe più il tempo a disposizione per disegnare la macchina per il 2016. Uno smacco anche per le intenzioni di Ecclestone, che si sta vedendo crollare una categoria ormai non più ai vertici del motorsport mondiale (il FIA WEC con trio Audi-Porsche-Toyota è passata in testa).
“Non vogliamo questi sporchi giochetti”. Questo è stato il primo pensiero di Helmut Marko, vice di Mateschitz, sulla questione Ferrari, che perderebbe tanti milioni ma avrebbe tante giustificazioni per un atto del genere. Perché dare un propulsore aggiornato al 2016 ad una diretta concorrente che ti ha già battuta per 4 anni di seguito? Perché ritrovarsi in casa un rivale che a livello tecnico ha saputo spesso mostrarsi imbattibile? Se dal punto di vista commerciale si avrebbero vantaggi, sul lato sportivo meglio tenersi il cavallo di battaglia in casa senza aiuti a terze parti.
Ci sarebbe la Honda, ma il motore nipponico si è dimostrato ancora inaffidabile e soprattutto scarso a livello di competitività come dimostrano le dure parole di Fernando Alonso nel corso della gara di casa («GP2 engine!»). Potrebbe esserci un ritorno di fiamma con Mercedes ma lo stesso problema di Ferrari si proporrebbe a Brackley, dove hanno preso gusto a vincere gare di fila pur sapendo che dovranno avere a che fare con un osso duro come Vettel anche nel 2016. Circolano voci anche di un ripensamento nei confronti di Renault, che spenderà in ottica Austin tutti i 12 gettoni per il motorone e forse ridarà il sorriso a Mateschitz e company sebbene la frittata sia fatta.
Come andrà a finire questa storia ancora non si sa, ma una cosa è certa: si fa sempre più dura per la Red Bull, ormai rimasta vittima con il nuovo regolamento di un sistema Formula 1 ormai tornato nelle mani dei grandi costruttori, intenzionati a non vedersi più sfrecciare davanti una vettura costruita da una casa fornitrice di bibite. In attesa che Audi faccia il salto pesante nel 2018, dopo lo scandalo Volkswagen e il probabile disimpegno dalla Le Mans Series.