Segnali di risveglio
Il primo risveglio come indicatore ha un numero: 501. Sono i giorni che separavano Giuseppe “Pepito” Rossi dal suo ultimo gol, prima della quarta segnatura viola in casa del Belenenses. Oltre sedici mesi di astinenza: per un attaccante, una tomba. Per Pepito, invece, una rinascita, dopo l’ennesimo recupero dall’ennesimo infortunio.
“Risveglio” (si fa per dire) anche per l’intera Fiorentina: sconfitta dal Torino alla seconda di campionato, per il resto ha fatto percorso netto; e, dopo la vittoria che ha ridimensionato le ambizioni dell’Inter, l’unica critica che ho sentito muoversi era riferita all’avvio in Europa League (sconfitta per 1-2 in casa, proprio dal Basilea sulla cui panca sedeva Paulo Sousa fino a pochi mesi fa): si direbbe un problema superato, dopo il 4-0 in terra portoghese.
La Lazio, ieri: dormita e risveglio nell’arco dei novanta minuti, quanto basta per portare a casa la pelle (e tre punti) contro il Saint-Étienne. La squadra di Pioli, terza ma poi rigettata dalla Champions League, fatica ancora a ingranare: anzi, è forse la prima volta nella stagione che una settimana intera si conclude bene (seconda vittoria in terra nazionale, vittoria europea a conferma e suggello). È la legge del turnover si dice: in Italia, è difficile vincere su tutti i fronti. Sarà.
Capitolo Napoli: beh, sempre a punti dopo la sconfitta iniziale con il Sassuolo; mezzo passo falso a Carpi, ma alzi la mano chi pensava che, in soltanto un mese e mezzo, Sarri sarebbe riuscito a forgiare una squadra capace di 14 gol segnati e uno solo subito nelle ultime cinque partite. C’è ancora molto da lavorare, verranno momenti più difficili; ma è un fatto che siamo sopra le aspettative: allenatore nuovo e alla prima esperienza in una grande, c’è chi ci avrebbe messo la firma.
Insomma, la seconda giornata di Europa League ci ha regalato nuove speranze con cui guardare al calcio nostrano: come un anno fa, finalmente le compagini nostrane prendono sul serio la competizione, e sembrano determinate a portarla fino in fondo.
Più in generale, finalmente sembriamo in grado di riprendere quota. Guardando in Champions, infatti, la Juventus balbuziente del campionato ritrova tutto il proprio vigore, battendo in sequenza il Manchester City a domicilio e il Siviglia allo Stadium; ironia del destino, l’eccezione alla regola è rappresentata da una Roma che va ancora a intermittenza, capace di fermare il Barça sul pareggio, e poi di prenderle a Borisov.
Alla fin fine, voglio dire questo: forse il livello del nostro campionato non è poi così tanto basso. Si è livellato verso il basso, visto che non siamo più al periodo delle sette sorelle infarcite di campioni; ma stiamo lentamente uscendo dal tunnel. Come? Anche imparando ad aspettare, e cominciando a guardare fuori.
Chiudiamo il cerchio e il ragionamento tornando proprio alla Fiorentina: pur avendo dovuto procurarsi molte altre frecce per il proprio arco, è stata capace di aspettare Pepito Rossi ancora una volta, capace di capire come la fortuna del proprio gioiello possa diventare anche quella di tutta la squadra. E capace di affidare questa squadra, sapientemente costruita da Pradè e Montella, a un tecnico come Paulo Sousa: tecnico giovane che ha già allenato in Inghilterra, Ungheria, Israele e Svizzera: ha visto un po’ di mondo. E adesso quel mondo lo porta da noi: male non ci farà.