Rudi Garcia aveva illuso tutti, all’inizio di due stagioni fa, nel periodo iniziale della sua avventura in giallorosso. Dieci vittorie consecutive, un gioco veloce e bello da vedere che, alla fine della stagione, non aveva portato allo scudetto soltanto perché, a concorrere con la formazione capitolina, c’era la Juventus dei record di Conte. Due anni dopo, esattamente, cosa è rimasto di quel gioco, di quel possesso palla e di quella capacità di verticalizzare come poche altre squadre al mondo? Poco o nulla. Vero, quella Roma era esente da impegni infrasettimanali ma sarebbe troppo facile ridurre il tutto a semplice stanchezza; la squadra si è rinforzata molto, andando a prendere sul mercato giocatori funzionali al progetto Garcia comeDžeko, Iturbe, Iago Falque e Salah, quest’ultimo a dir poco irritante nella sfida di ieri sera contro il Bate Borisov.
In generale è stato imbarazzante l’atteggiamento con cui De Rossi e compagni sono scesi in campo, rimediando tre gol in mezz’ora e consegnando i tre punti alla squadra bielorussa: e la qualificazione agli ottavi di Champions League non è sfumata già alla seconda giornata solo perché il Bayer Leverkusen si è fatto rimontare dal Barcellona. Onore ai giallorossi per averci creduto sino alla fine, ma è difficile rimontare in trasferta senza una vera prima punta (Iturbe e Gervinho non hanno quelle caratteristiche) e con un Salah che sostanzialmente non ha mai preso la porta anche da distanza ravvicinata. Riassumendo quindi la Roma ha manifestato palesi amnesie difensive, difficoltà nel palleggio e nell’uscire ordinatamente dal pressing avversario, un cinismo nullo o quasi davanti alla porta e un numero uno che, con quel gol rimediato da trenta metri, ha fatto capire come mai l’Arsenal lo abbia spedito in giallorosso a fare esperienza.
Partiamo dalle amnesie difensive. Maicon, Benatia, Castan e Dodò/Balzaretti hanno fatto la fortuna della prima Roma di Rudi Garcia: sostanzialmente di quel pacchetto arretrato è rimasto soltanto il fantasma di Maicon, in estate addirittura a rischio risoluzione del contratto. Manolas ha dimostrato di essere competitivo anche a questi livelli, Florenzi non è più una sorpresa e Digne sta facendo vedere cose interessanti sulla fascia sinistra. Manca un centrale di livello da affiancare al greco perché sia Castan che Rudiger, per un motivo o per l’altro, non hanno fornito le garanzie necessarie a blindare la difesa davanti a Szczęsny: e De Rossi difficilmente potrà inventarsi difensore centrale a quest’età. Il possesso palla è l’altra nota dolente, ed è probabilmente collegato al fatto che i tempi d’uscita in difesa sono differenti rispetto al passato. Sicuramente però le verticalizzazioni improvvise di Totti per gli esterni mancano molto, mentre Pjanic fa vedere soltanto a tratti di essere un campione di livello internazionale. Per quanto riguarda il cinismo, invece, il rebus è di quelli difficilmente risolvibili perché, sulla carta, Dzeko è uno che di gol ne ha sempre fatti tanti, Salah in Italia ha fatto vedere di poter essere dominante se messo nelle condizioni di brillare e gli stessi Gervinho, Iago Falque e Iturbe non sono esattamente gli ultimi arrivati. Specie i primi due: l’ivoriano fece la fortuna di Garcia nell’anno di grazie della Roma, Iago Falque da falso nueve al Genoa si tolse discrete soddisfazioni in fase realizzativa. E allora perché così tanti errori davanti alla porta avversaria? Forse la pressione gioca un ruolo fondamentale in tutto questo, perché a Roma basta un secondo per passare da eroi a inadeguati, e la tifoseria giallorossa in questo è molto diretta.
In casa Roma, secondo me, è giunto il momento di fare qualche conto. Perché gli investimenti in sede di mercato sono stati tanti, così come quelli relativi allo stadio, e vedere una squadra che fatica così tanto anche con avversari mediocri non è normale. Il brutto momento di altre realtà ha mascherato i problemi anche in termini di punti, ma questa non è una media con cui vincere lo scudetto, l’obiettivo non dichiarato ma soltanto sussurrato da tutto l’ambiente. Raramente punto il dito contro un allenatore quando le cose vanno male, perché spesso il problema ha radici molto più profonde, ma forse Garcia non ha più la squadra in mano e, a questo punto, il ritorno di uno come Spalletti potrebbe dare la scossa giusta all’ambiente. Anche perché di bel gioco, l’ex Zenit, in giallorosso qualcosa ha già fatto vedere, e il suo 4231 potrebbe ben sposarsi con la rosa attuale della Roma.