Prendi l’Inter capolista del campionato. Prendi le sue certezze, i suoi punti fermi e butta il tutto dentro a un frullatore. Butta nella mischia il risultato di questo minestrone, esci dal campo con le ossa rotte e poi dai la colpa all’errore di un singolo giocatore al minuto due di una gara che ne avrebbe avuti davanti altri novanta circa.
Questo il riassunto della serata disastrosa di Roberto Mancini e della partita della sua Inter contro la Fiorentina, uscita da San Siro con un netto 4 a 1.
Il buon vecchio detto “squadra che vince non si cambia” apparterrà anche a un calcio che non c’è più, quello fatto di 34 partite a stagione, una a settimana, rigorosamente di domenica alle 15.00 (a proposito, che il dio del pallone maledica i posticipi al lunedì sera), ma non è che abbia tutti i torti. Anche perché, partendo da una logica elementare, cambiare modulo e sistema di gioco a una squadra che ha fatto della compattezza la sua forza nelle prime cinque giornate di campionato non può mai essere una buona idea. Mancini avrà voluto puntare sul fattore sorpresa, ma i primi a essere in difficoltà sono stati i suoi giocatori, trovatisi a giocare in un modo diverso dopo aver iniziato a capire i movimenti del 4-3-1-2 con cui, in maniera molto solida, erano riusciti a portare a casa quindici punti.
Perché a volte ci si dimentica che l’Inter, nonostante tutto, sia una squadra nuova, con giocatori nuovi, a cui l’allenatore di Jesi stia provando a dare un’identità di gioco fin dall’inizio dell’anno solare. Proprio per questo, una volta trovato un sistema di gioco in grado di sopperire a una ovvia mancanza di conoscenza tra gli uomini in campo e, al tempo stesso, di infondere sicurezza nei movimenti dei reparti e nelle giocate dei singoli, cambiarlo — anzi, stravolgerlo — prima di una sfida decisiva contro la seconda in classifica può, oltre che non portare benefici, addirittura arrecare dei danni alla propria squadra. E così è successo all’Inter ieri sera a San Siro contro la Fiorentina.
Schierare una difesa a tre con Santon, Miranda e Medel, allargare Perišić a destra per cercare di contenere Marcos Alonso, sistemare Telles all’inseguimento di Błaszczykowski e lasciare Guarín, Melo e Kondogbia nel vortice creato dai continui movimenti di Badelj, Vecino, Borja Valero e Iličič è stato un duplice grave errore: tattico, perché la squadra non è mai riuscita a superare il primo pressing viola e a iniziare l’azione in maniera fluida (l’errore di Handanović parte proprio da lì), e mentale, perché ha dato l’impressione inconscia alla squadra di temere molto l’avversario e, contemporaneamente, ha tolto quei punti fermi a cui aggrapparsi nei momenti di difficoltà.
Infine, non saper ammettere la serata nata storta fin dalla sua preparazione tattica dando la maggior parte delle responsabilità all’errore che ha causato il rigore e il conseguente 0-1 dopo due minuti è anch’esso un punto su cui l’Inter tutta, compreso il suo allenatore, deve migliorare se davvero vuole continuare a interpretare un ruolo da protagonista in questo campionato.
Si deve crescere, ma tutti insieme e non solo chi scende in campo.