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Tre sconfitte su sei partite giocate sono tante e, per un’aspirante al titolo di campione d’Italia qual è la Juventus scudettata, sono già troppe. Raramente una compagine con tante sconfitte sul groppone ha saputo vincere ugualmente il campionato e, per dare un’idea, la Vecchia Signora tricolore di appena qualche mese fa concluse la sua cavalcata con un numero di ko identico a quello che ha fatto registrare fino ad adesso. L’ultimo anno di Conte le sconfitte furono appena due, quello precedente cinque, quello prima ancora zero. L’assioma banale ma pur sempre veritiero che ne possiamo trarre è che perdendo spesso non si vincono i campionati (anche se il sistema attuale che consegna tre punti a chi vince una gara permette di limitare i danni causati dai tonfi a patto di vincere quasi sempre quando non si perde).

Il problema bianconero, tra l’altro, è proprio questo: finora, quando non ha vinto, la Juve ha faticato enormemente a vincere, rimediando un solo successo su sei sfide. Pochissimo, in effetti, specie se si considera che due dei cinque punti ora in cascina sono arrivati pareggiando in casa contro formazioni decisamente inferiori per caratura tecnica come il ChievoVerona e il sorprendente Frosinone, non proprio due corazzate di assoluto livello europeo.

Certo, il calendario avrebbe potuto essere più agevole in questa fase iniziale di campionato ma i due big match persi con Roma e Napoli hanno mostrato tutti i limiti attuali della squadra di Allegri in contesti probanti perché sia i capitolini sia i partenopei hanno messo in campo una netta superiorità tecnico-tattica tale che non solo i ko ma anche e soprattutto i modi in cui sono arrivati testimoniano fedelmente l’involuzione bianconera che, nonostante alcuni innegabili problemi strettamente connessi alla rosa (per dirne uno: senza Pirlo là in mezzo e con un Marchisio in condizioni precarie chi fa gioco?), sembra soprattutto psicologica perché, oltre a non esserci più alcuna traccia della cattiveria agonistica contiana, pare essere già scomparsa anche la convinzione nei propri mezzi palesata la scorsa stagione.

Probabilmente, appena prima dell’inizio del campionato, la Juventus ha scelto consapevolmente di avere una stagione di transizione dal vecchio gruppo, così vincente, a una nuova incarnazione, più giovane e di prospettiva, ma certamente nessuno, a Vinovo, si aspettava di essere lontani dalla vetta di ben dieci punti già a fine settembre, col concreto rischio di affrontare il mese di ottobre partendo da un -13 dalla prima posizione (avendo l’Inter una partita in meno). Magari i vertici di Madama avevano messo in conto un’eventuale non-riconferma del tricolore, ma da qui a viaggiare con una media inferiore a un punto a partita ce ne passa.

Nonostante i balbettii di alcune delle contendenti principali al titolo, infatti, sia la Roma, sia il Napoli, sia la Fiorentina e persino il Milan (per non parlare della stessa Inter) hanno sin qui dimostrato di avere un altro passo e, più in generale, un’altra voglia. Ora, è chiaro che col potenziale tecnico che ha, la Vecchia Signora non potrà fare a meno di risorgere e tornare a giocare un calcio – se non convincente – perlomeno efficace ma la vera domanda è quando.

Allegri ha ampiamente dimostrato nei suoi anni di carriera sin qui di non essere affatto uno stupido e sicuramente il mister toscano è in grado di risollevare la situazione e trovare la quadra a una formazione nuova in tanti dei suoi interpreti, tuttavia il tempo a disposizione dell’ex tecnico del Milan sta per scadere:  non tanto per un esonero che appare più mediatico che realistico, quanto per ritrovare la competitività necessaria a rientrare in corsa non solo per il titolo ma – attenzione – anche alla qualificazione in Champions League.

Perché dal pensare di ritrovare condizione e convinzione in tempi brevi ad accorgersi che ogni tessera del puzzle ha trovato il suo posto possono trascorrere ancora troppe partite e dunque ritrovarsi improvvisamente a non dover più sbagliare un colpo per poter anche solo sperare di raggiungere gli obiettivi minimi.

Negli ultimi tempi s’è parlato di un campionato finalmente livellato, con più squadre preparate per giocarsi fino in fondo la lotta al podio: a Torino, a questo punto, sperano che questo auspicio si riveli fino in fondo per non rischiare di far seguire alla stagione da quasi sogno finita lo scorso giugno ne segua una coi terrificanti contorni di un incubo.