Prima che pensiate una frase del tipo “facile diventare sostenitori di Sarri dopo due 5-0 consecutivi”, è giusto ricordare che di Maurizio Sarri e del suo Empoli, su queste stesse pagine, ne avevamo già parlato il 23 febbraio scorso. E non a caso: il suo Empoli incantava gli spettatori degli stadi di tutta Italia e quelle parole erano semplicemente il giusto tributo a uno splendido interprete di quel difficile mestiere che si chiama “allenatore”. L’arrivo in una grande squadra come il Napoli è stato il meritato passo in avanti di una carriera fin lì sempre vissuta ai margini delle periferie calcistiche.
Come ci sia poi ritrovati a leggere critiche dure e pesanti sull’allenatore toscano, proprio non si spiega. È pur sempre vero che nel calcio il tifoso si fa condizionare dai risultati e vorrebbe che la sua squadra vincesse tutte le partite, ma mettere in bilico un allenatore nuovo — che sta portando una filosofia di calcio diversa all’interno di una squadra che per tre anni ha giocato in un unico modo e che fa dei movimenti imparati a memoria il suo credo, e che quindi avrà bisogno di un po’ di tempo per lavorare — dopo sole tre partite di campionato ci è sembrato davvero eccessivo.
Non è un 5-0 a farci scrivere queste parole, sia chiaro. Sono le idee, la mentalità, la filosofia. La qualità, alla lunga paga. Sempre. Risistemare un centrocampo che prima vedeva come interpreti Inler, Gargano e David Lopez con Allan, Valdifiori, una nuova possibilità a Jorginho e l’abbassamento di Hamšík a fare la mezzala sinistra di manovra&inserimenti è questione di preferire la qualità rispetto alla sostanza organica. Fermo restando che non è che sia un centrocampo che gioca da fermo, anzi, ma ogni movimento è funzionale a un progetto di gioco propositivo e mai banale. Un gioco che esalta anche le qualità di splendidi singoli come Lorenzo Insigne e Gonzalo Higuaín, un bomber vero che l’anno scorso a Empoli mister Sarri non ha avuto la fortuna di avere. Ma che, a dirla tutta, molti allenatori in Serie A tuttora non hanno la fortuna di avere e mai l’hanno avuta in carriera.
E il fatto che la Lazio di Pioli, magnifica protagonista della scorsa stagione grazie a un gioco arioso e fluido, abbia subito una tale sconfitta proprio nel giorno in cui l’allenatore laziale abbia schierato un centrocampo formato da Onazi e Lulić lasciando in panchina giocatori di qualità come Milinković e Cataldi, che avrebbero potuto dar più geometrie alla manovra biancoceleste, è un segno di come puntare sulla qualità, sia di gioco che di giocatori, serva anche quando la gara è difficile. Il centrocampo tecnicamente povero di Pioli non ha permesso di tenere a sufficienza la palla per alleggerire la pressione degli attacchi del Napoli sulla difesa, troppo sollecitata per non capitolare sui tagli dei giocatori partenopei.
Ma è questione di filosofia, di mentalità. La qualità batte anche la paura di perdere. Sempre.