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Alla fine, quella vittoria contro la Juventus alla prima giornata è costata parecchio all’Udinese di Colantuono. A un’apertura da tre punti sono seguite altre tre gare che ne hanno portati zero perché dopo che Théréau ha consentito ai friulani di espugnare inaspettatamente (e tutto sommato immeritatamente, diciamolo) lo Juventus Stadium, i bianconeri di Udine hanno più o meno immeritatamente – tranne che nella partita contro la Lazio – perso tutte le partite che hanno seguito l’esordio stagionale in campionato, compresa quella interna contro il Palermo, probabilmente la miglior prestazione fin qui delle Zebrette.

Solo qualche anno fa la squadra dei Pozzo era una presenza fissa dei quartieri alti della classifica e spesso si produceva in autentici miracoli sportivi durante la stagione, strappando dei piazzamenti validi per la qualificazione in Champions League grazie a delle cavalcate che rendevano i friulani una sorta di squadra simpatia apprezzata da tanti – almeno fino al consueto preliminare europeo, immancabilmente perso, talvolta anche con autentici psicodrammi (quel cucchiaio di Maicosuel…). Da un paio di stagioni a questa parte, invece, quella che è stata la formazione di Guidolin e un esempio ultracitato di buona amministrazione finanziaria e sportiva langue nei bassifondi della graduatoria di Serie A, incapace di ritrovare lo smalto di qualche anno fa e di rimpiazzare adeguatamente sia i vecchi e gloriosi senatori, sia i giocatori giovani che proprio a Udine si affermavano come solide realtà.

Pochi mesi fa in tanti additavano Andrea Stramaccioni (tecnico probabilmente sopravvalutato ab originem ma comunque non per forza totalmente scadente) quale principale responsabile della disgregazione bianconera senza però ricordare che, nel suo ultimo anno, anche il buon vecchio Guidolin arrivò appena tredicesimo; oggi anche un esperto lupo di mare come Colantuono sembra annaspare nella confusione più oscura.

Tra qualche esperimento tattico poco convincente (Piris terzo di difesa? Seriamente?), un Di Natale ormai veramente prossimo all’inevitabile tramonto e quindi sempre più centellinato dal suo allenatore, la cessione di Pinzi (perno della squadra in campo e nello spogliatoio), un Iturra non particolarmente efficace nella sostituzione di Allan e una panchina fatta perlopiù di oggetti misteriosi (come Marquinho, meteora a Roma e all’Hellas Verona, l’ex promessa Emiliano Insúa, l’incomprensibile Perica, l’indesiderato Merkel, l’imperscrutabile uruguagio Aguirre o il decorativo Felipe – cavallo di ritorno, tra l’altro), l’Udinese odierna è un gigantesco patchwork di calciatori che sembrano essere lì per caso, arrivati più seguendo le vie del mercato che non quelle del campo e delle necessità tecniche.

Nonostante le carte d’identità, comunque, il reparto più attrezzato rimane quello avanzato perché Di Natale, Théréau e Duván Zapata – perlomeno sulla carta – garantiscono un numero di gol decoroso; peccato però che la realtà sia diversa e parli di appena due reti realizzate in stagione sin qui: quella ormai celebre dello Juventus Stadium e quella di ieri, griffata proprio Zapata (su assist dell’immortale Totò). Qual è allora il problema? Facile: tutto il resto della squadra.

A centrocampo, come si accennava poc’anzi, la grinta e il dinamismo di Allan non hanno trovato un degno sostituto nel rozzo Iturra, le geometrie forse non geniali ma affidabili di Pinzi non sono state rimpiazzate al meglio né dal genio troppo estemporaneo di Kone né dall’estro ancora acerbo di Bruno Fernandes, così come Edenílson non pare ancora tornato sui livelli mostrati al Genoa. Dietro, poi, le scelte di Colantuono hanno sempre premiato Piris, Danilo e Heurtaux (a eccezione proprio di ieri, quando ha giocato Molla Wagué), relegando in panchina due stagionati ma forse più coriacei difensori come Domizzi e Felipe: non saranno fenomeni, ma la loro esperienza potrebbe tornare utile a una retroguardia che si sta dimostrando incapace di contenere al meglio le folate avversarie nonostante un Karnezis sempre su alti livelli – ed è tutto dire, visto che è il portiere.

Certo, la situazione non è ancora considerabile come drammatica perché è ancora presto, c’è tutta la stagione davanti e poi – soprattutto – ci sono ancora ben sei squadre attualmente peggio posizionate in classifica rispetto ai friulani, tra cui anche le più blasonate Napoli e Juventus, ma devono ancora tutte giocare la quarta giornata di campionato ed è possibile che la banda di Colantuono si ritrovi in zona rossa tra nemmeno ventiquattro ore.

La settimana prossima l’Udinese dovrà fronteggiare l’ondivago Milan di Mihajlović in un ulteriore test per i bianconeri, chiamati a riscattarsi per evitare di instradare lungo una china pericolosa. In attesa della visita al Nuovo Friuli dei meneghini, Stefano Colantuono dovrà trovare una risposta credibile alla domanda che ci poniamo anche noi: Udinese, chi sei veramente?