Home » Il piccolo triplete

Il giochino della similitudine vezzeggiativa non è nuovo. Lo usiamo per indicare città, quando si parla di “Firenze del sud” o “Venezia del Nord”, o per restare nel dominio del pallone, “l’erede di Baggio” o il “nuovo Del Piero”. E pazienza se a queste ultime due immagini non venga da associare un esplicito riferimento. Del resto, anche la parola “triplete”, rapportata al filotto iniziale inanellato dall’Inter, ha dichiaratamente il senso di un calembour.
L’uomo che prestò il suo volto al vero “triplete” è da tempo lontano da Milano, arranca a Manchester, protagonista un momentaccio tra eccessi di sconfitte e spogliatoio scollato. Certo va meglio al suo all’attuale successore Mancini, che può dare ostentazione di equilibrio, godendosi il momento e il risultato. In nerazzurro non capitava dai tempi in cui gli scudetti li vinceva proprio Mancini, ma prima di Mourinho.
Tutt’altra truppa, l’Inter di oggi, rispetto ai tempi dello Special One. A cominciare dal portiere Julio Cesar. Oggi c’è Handanovic, che dopo una stagione di alti e bassi, di fronte agli avanti milanisti per la verità non ha fatto rimpiangere nessuno. In mezzo all’area non c’è più Ivan Ramiro Cordoba ma il connazionale Murillo. Qualcuno forse avrà notato un suo bell’intervento scivolando in anticipo sull’avversario durante il derby, proprio come faceva Cordoba. Ma le analogie finiscono qui: Materazzi e Ranocchia, son troppo diversi, a parte la struttura fisica, il fatto di essere gli unici italiani o quasi in squadra, una qual certa esperienza e tutto sommato una discreta tempra.
Sarebbe delittuoso paragonare Cambiasso a Felipe Melo. Ok, i muscoli, l’agonismo, se proprio vogliamo anche una buona tecnica e una ritrovata capacità di leadership. Ma insomma, tre indizi non fanno una prova. O sì?
Fermiamoci qui con le analogie, non calchiamo oltremodo la mano. Piuttosto soffermiamoci su altre caratteristiche di questa Inter, maggiormente attinenti l’identità che va sviluppandosi.
A partire dalla impermeabilità difensiva. Nonostante il peso relativo di un campione articolato su tre giornate, un solo gol subito è comunque un indicatore considerevole, ripensando alle amnesie allegre delle ultime stagioni. Consolidare le fondamenta rientra nel bagaglio base di un tecnico italiano navigato, quale Mancini. Il resto verrà dopo l’avviamento. Tra i commenti più interessanti del tecnico nerazzurro nel post partita del derby, c’è quella per cui “in una partita del genere, puoi avere anche solo un paio di occasioni, e bisogna sfruttarle”. Un richiamo alla quintessenza primordiale della tattica italiota, ma se vogliamo anche alle lontane radici herreriane dell’Inter. Il perimetro d una squadra vincente.
E poi ci sarebbe la ricaduta positiva di breve periodo, insita nel fallimento della scorsa stagione. Ovvero, la circostanza di non avere coppe da disputare. Inutile starsi a ripetere quanto sia bello farle, se accettiamo un punto di vista sparagnino e pragmatico, da qui a maggio, sarà un vantaggio sensibile.
Tre vittorie che rinfrescano l’aria di classifica e tonificano l’ambiente, innescando un briciolo di speranza. E’ questo il senso del “piccolo triplete”. E poi, affacciarsi da lassù e guardare la Juve in coda, è pur sempre una soddisfazione, no?