EuroBasket, via agli ottavi: più che le stelle, conterà la difesa
È perlomeno curioso come, nel momento in cui una nazionale calcistica dal richiamo scarso fa fermare il campionato, gli altri sport si siano dati appuntamento per rubare la scena: oggi e domani si correrà a Misano, con Valentino Rossi che cercherà di consolidare il primato in classifica; Fabio Aru insegue da vicinissimo (solo 6 secondi) la maglia rossa alla Vuelta; per la prima volta nella storia ci sarà una finale tutta italiana in un torneo del Grande Slam, con la coppia Pennetta-Vinci che comunque porterà in Italia il trofeo; e in questi ultimi giorni si è vissuta l’altalena emotiva per gli azzurri della pallacanestro. Ed è qui che vorrei concentrarmi.
Stiamo sugli Azzurri, per ora. Partiti con grandi aspettative, subito inceppati contro una Turchia non irresistibile; poi la fatica contro l’Islanda, e l’inizio dei crucifige e dei ve l’avevo detto. Poi basta una serata perfetta contro la Spagna (tra le favorite, ma non necessariamente la migliore) a ringalluzzire tutti; e serve un supplementare per avere ragione della Germania – che può anche cambiare sport, ma con noi non passa: a Berlino, e dopo i tempi regolamentari. Dal 1970 a oggi.
Ma è meglio rendersene subito conto: siamo entrati nelle prime sedici squadre europee. Siamo usciti salvi da un girone durissimo (prendiamo una squadra come la Repubblica Ceca, o la Lettonia: si sarebbero qualificate, fossero state al posto nostro?), ma non abbiamo ancora raccolto nulla. Di buono c’è che l’Italia non è stata una squadra apallica; di negativo, che ha avuto bisogno di essere messa schiena al muro prima di dimostrarlo.
Insomma, nell’unico girone che ha visto i padroni di casa venire eliminati, gli Azzurri si sono fatti valere solo quando contava; per il resto, un po’ di sfortuna (l’infortunio a Datome, l’affaticamento muscolare per Belinelli) e un altro po’ di supponenza. L’ho già detto: sulle ali del talento rischiamo di perderci. Se davvero il prossimo obiettivo è di ri-entrare tra le prime otto (come due anni fa), per puntare a non venire poi suonati da tutti, occorre riuscire a trovare sprazzi di squadra operaia.
Davanti il canestro lo vedono in tanti; ma dietro, chi lo difende? Se Bargnani e Cusin mordono come hanno fatto come Gasol (che contro noi ha messo insieme 34 punti, 10 rimbalzi e 5 assist, ma ha dovuto sudare il giusto per farli), se lo fanno in tutte le partite, le nostre prospettive cambiano. E penso proprio all’attitudine di Pianigiani, che ai tempi di Siena aveva impostato una squadra che affrontava ogni singola partita come una schiacciasassi – a partire dalle amichevoli prestagione, e senza concedere eccezioni. Quattro anni fa, aveva una squadra senz’anima; due anni fa, una squadra senza stelle. Adesso, beh, stiamo a vedere.
E quindi, a partire da oggi, si giocano gli ottavi: per eleggere le migliori otto del continente, per decretare chi si gioca ancora speranze olimpiche e chi no; dall’incrocio dei gironi, l’Italia di Pianigiani ha pescato Israele: tutto sta a vedere con quale atteggiamento l’affronteremo. Se penseremo di avere trovato un avversario relativamente “facile”, o se finalmente affronteremo ogni singola partita mordendo in difesa e attaccando non solo fuori dai giochi (la tripla di Belinelli è una risorsa, ma non può essere la regola).
È un po’ la stessa cosa nel paese: onestamente parlando, non dispiacerebbe se i vari “Viva l’Italia” di questi giorni venissero declinati nella vita quotidiana (pretendo lo scontrino al bar, e viva l’Italia, con zero complicità al ribasso). Come primo passo, però, possiamo cominciare ad accontentarci di vedere i ragazzi di Pianigiani vincere in attacco e tenere duro in difesa. Stringere le maglie, fare squadra. Dove non arriva il talento, si sopperisce con altro. Se dallo sport venissero (finalmente) esempi per la società civile, sarebbe un meraviglioso passo avanti. E, se non venissero dall’Italia, potremo sempre imparare dai nostri avversari. Quelli che si spera non ci battano.