Formula 1 – quando i fischi si traducono in rispetto
Bordata di fischi. Lewis Hamilton incassa, dopo aver dominato senza commettere alcuna sbavatura, e conquista un’altra vittoria talmente facile da assumere un aspetto quasi meno pregnante, nell’ennesima gara della stagione più da sbadigli che da applausi. Ci ha pensato il pubblico di Monza, come sempre stratosferico, a riscaldare un ambiente unico al mondo che, per chi ancora avesse dei dubbi, si fidi, non può venire meno in uno sport già fin troppo bistrattato e torturato da logiche economiche che si traducono in noia cronica.
Non è mancato, però, chi ha storto il naso. Il rovescio della medaglia di questa straordinaria marea rossa, pronta come sempre ad invadere la pista sotto il podio, sono stati i fischi riservati a Lewis Hamilton: critiche da ogni parte e condanne sono state immediatamente impacchettate, con tanto di fiocco, e sparate, come cartucce al poligono, contro il cosiddetto italiano medio. La favola che racconta di come il tifo contro esista solo in Italia, poi, è stata prontamente rispolverata; non importa se solo poco più di un anno fa, a Spa, Rosberg non sia quasi riuscito a fare l’intervista sul podio, sommerso da una bordata di fischi, a sottolineare in quel caso una netta preferenza nei confronti del biondo britannico.
Chiacchiere insomma, figlie di una continua ricerca del colore più fulgido tra i campi d’erba del vicino, tipica, questa si, dell’italiano medio. Monza ha ancora una volta risposto presente con quasi 150 mila spettatori, con il calore e l’affetto per uno sport parte integrante della nostra Storia, senza pensare ad un possibile addio dal 2017, perché una Formula 1 senza Monza è impossibile da concepire. Lo stesso Lewis Hamilton, già trionfatore nella scorsa stagione, ha fatto capire senza mezze misure di come sia ora di smettere questa continua ricerca del tesoro in paesi come la Turchia, per esempio, dove sugli spalti non ci saranno magari i fischi, ma bisogna accontentarsi di 3000 spettatori, e preservare i circuiti storici.
Chiunque poi abbia seguito da vicino Lewis in questi 4 giorni a Monza ha potuto constatare lo sciame di tifosi pronto ad assediarlo, non per insultarlo, ma per strappare foto e autografi: esattamente ciò che fino a 12 mesi fa succedeva a Sebastian Vettel, il cui ricordo dei fischi è ormai un’istantanea sbiadita, se non scomparsa, che ha lasciato il posto a uno dei momenti più belli della sua carriera, come da lui stesso ammesso.
Un confine sottilissimo, insomma, che separa il nemico dal rivale, il primo disprezzato con beceri insulti, tipici purtroppo degli stadi, il secondo rispettato, anche con qualche fischio di disapprovazione per la livrea con cui corre, ma sempre nell’ambito della civiltà. Un confine sottilissimo, già, ma una differenza enorme: il resto sono solo chiacchiere, le stesse che hanno scambiato Renzi ed Ecclestone per il rinnovo del contratto in scadenza 2016, nella speranza che ben presto si passi ai fatti e alla pragmatica lasciando da parte i ricami, perché altrimenti sarebbe una sconfitta non solo per Monza ma per l’Italia intera.