Le proteste e le diatribe sul futuro del Gran Premio che domenica si svolgerà a Monza stanno contrassegnando i giorni della vigilia. Attorno al nodo del contendere, il rinnovo contrattuale non ancora ratificato, si fronteggiano due schieramenti: da una parte Bernie Ecclestone, i cui piani, da anni, mostrano una predilezione per le nazioni extra-europee in espansione economica e i loro mercati inesplorati e ricchi di capitali. Dall’altro lato della barricata militano invece le istituzioni italiane che, in vista della gara di domenica, ribadiscono l’intenzione di proseguire la collaborazione con il Circus, affinché uno dei pochi Gran Premi “Storici” resti nel calendario della Formula 1 anche per i prossimi anni.
Sul circuito lombardo si sono avvicendati i nomi che, competizione dopo competizione, hanno fondato e arricchito la leggenda degli sport motoristici. Alcune radicali modifiche, subite nel corso del tempo, non hanno scalfito il fascino di un luogo in cui paiono ancora risuonare gli echi dei motori del passato. Dal 1926, anno della sua inaugurazione, a oggi vi sono state corse 78 gare, di cui 64, dal 1950, valevoli per la Formula 1.
A livello emotivo, soprattutto per i tifosi ferraristi, il Gran Premio dell’11 settembre 1988 conserva un posto d’onore fra i tanti che si sono disputati lungo queste curve. Il lutto per la morte di Enzo Ferrari, avvenuta il 14 agosto, era pronto a trovare il suo compimento massimo su una pista che, per gli appassionati della casa di Maranello, era sempre stata avvertita come propria. L’annata però, per la casa di Maranello, aveva fino ad allora riservato numerose amarezze.
Il 1988 si rivelò per la Formula 1 un anno di transizione: a livello di pneumatici, dominava come monomarca la Goodyear, per l’ultima volta le vetture montarono i motori turbo, mentre vennero sperimentate le prequalifiche, volte a scremare il numero di piloti in eccesso. La McLaren spiccava come regina indiscussa della stagione. Vincitrice di tutte le tappe fino a quel momento disputate, in virtù di due monoposto vicine alla perfezione condotte dalla meravigliosa coppia Ayrton Senna-Alain Prost, la casa inglese carezzava l’ambizioso obiettivo di conquistare tutti i Gran Premi dell’annata.
Mai come alla partenza di quella gara, la Ferrari apparve come una Cenerentola, confinata nelle retrovie e costretta a osservare i due piloti della scuderia inglese scattare dalle prime posizioni. Per Gerhard Berger e Michele Alboreto, alla guida delle Rosse, si prospettava una lotta per il terzo gradino del podio, con la consolazione di un bronzo da poter dedicare al Drake al termine della corsa.
Enzo Ferrari, celebre per l’aforisma “Il secondo è il primo degli sconfitti”, difficilmente avrebbe accettato un simile risultato. Le vicende che condussero il Gran Premio a “Quella” precisa conclusione paiono quasi un suggello al suo motto, come ad rammentare che, anche dopo la morte, qualcosa permarrà ancora. La presenza del Patron di Maranello, inizialmente omaggiato con un rispettoso ricordo da parte del Circus, occupò inaspettatamente la scena fino al suo sorprendente epilogo.
Alain Prost, dopo la sosta ai box, al 35esimo accusò un problema al motore che lo costrinse al ritiro: si trattò dell’unica avaria per la McLaren in tutta la stagione. Il compagno (e avversario nel Mondiale) Ayrton Senna fu protagonista di un episodio ancor più rocambolesco: impegnato nel doppiaggio di Jean-Luis Schlesser, sostituto di Nigel Mansell alle prese coi postumi della varicella, incocciò sulla sua Williams e non poté concludere la gara. A due giri dal termine, le due Ferrari colsero un’insperata doppietta che mandò in visibilio il pubblico, in maggioranza bardato di rosso.
La casa inglese registrò l’unico insuccesso della stagione: non le riuscì l’impresa di monopolizzare tutto il calendario. Davanti a quell’unica casella rossa del 1988, ancora oggi sembra quasi di scorgere l’ombra di un Enzo Ferrari con un vago sorriso a solcargli il volto.