Da Massa a Wilson: la sicurezza nel motorsport pecca ancora
La tecnologia sviluppata in Formula 1 e nelle altre classi per la sicurezza dei piloti ha fatto passi da gigante negli ultimi 20 anni: dalla morte a Imola di Senna nel 1994, il numero di incidenti mortali è sceso vertiginosamente rasentando la casella zero, un obiettivo probabilmente che non sarà mai raggiungibile nel mondo del motorsport.
La scocca delle Formula 1, in particolar modo, è stata messa alla prova con successo da incidenti come quello di Kubica in Canada nel 2007, quando il polacco si schiantò a 300 km/h per poi ribaltarsi più volte: la diagnosi diede un responso agli occhi di tutti inaspettato, ovvero zero fratture e stop preventivo per una sola gara dovuto alla forte decelerazione. Proprio la decelerazione da 200 km/h a zero in un paio di decimi di secondo, subita da Jules Bianchi in Giappone, è costata la la vita al francese, la cui macchina aveva resistito perfettamente nell’impatto contro la gru.
Il rischio di una morte per motivi analoghi resta e rimarrà sempre, a meno di limitazioni della velocità, una componente irrimediabile di questo sport, l’altro e unico punto debole ancora migliorabile è invece la testa del pilota, protetta dal solo casco. Dopo la morte di Wilson, pilota della Indycar, a Pocono la scorsa settimana, è riemersa alla luce del giorno la problematica di proteggere maggiormente la testa dei piloti, unico punto non preservato a dovere e inevitabilmente fatale in caso di impatto: Massa nel 2009 rischiò l’occhio e la vita per una molla persa dalla Brown di Barrichello andò a sbattere contro la visiera del suo casco, ma se la cavò chiudendo la stagione in anticipo, Wilson non è stato altrettanto fortunato.
Per ovviare al problema sono state proposte negli anni diverse soluzioni, tutte scartate dalla FIA: l’ultima esposta in vetrina è firmata Mercedes. La scuderia tedesca ha pubblicato un video sul proprio sito ufficiale in cui illustra un prototipo di protezione della testa, in grado di innalzare il livello di sicurezza, di non creare problemi nell’eventuale estrazione del pilota dall’abitacolo (argomentazione che ha sempre consegnato ogni idea ad una bocciatura perentoria), e di non limitare in maniera eccessiva la visibilità durante la guida.
Per il momento però, resta in fase embrionale: la chiusura o la semi-chiusura dell’abitacolo di Formula 1 riscuote sempre più dissensi che approvazioni, la FIA resta molto cauta sull’argomento, ma con ogni probabilità analizzerà la proposta per la prossima stagione. La speranza è che si trovi una soluzione pratica e in fretta, perché ragazzi come Wilson possano non doversi affidare alla sola sorte.