L’Italia dei giochi olimpici esce con le ossa a dir poco frantumate dai Mondiali di atletica leggera di Pechino dove i nostri atleti sono stati protagonisti di prestazioni di bassissimo profilo chiudendo a zero nel medagliere finale, superati da nazioni come Uganda e Tajikistan, nazioni dalla tradizione atletica sicuramente minore della nostra. Le nostre maggiori speranze erano riposte nei maratoneti (quarto Pertile e ottavo Meucci, nelle marciatrici (quinta Palmisano e out per squalifica Rigaudo e Giorgi a pochi chilometri dall’arrivo) e dagli altisti (Tamberi ottavo in finale e Fassinotti infortunatosi in riscaldamento). E alle Olimpiadi 2016 ormai mancano meno di 12 mesi.
Un’analisi che trova concorde anche il presidente FIDAL Alfio Giomi: “Un’analisi più approfondita sarà da fare a freddo, ma, lo dicono i numeri: è il peggior Mondiale della nostra storia. Un Mondiale profondamente deludente non solo per i risultati che sono emersi, ma per l’atteggiamento mentale che in troppi hanno avuto. E’ stato un Mondiale senza alcuni dei nostri numeri uno, fermati dagli infortuni, e in cui, a parte poche eccezioni, è mancato quello spirito, quel volersi battere al meglio delle proprie possibilità, che avevo richiesto alla squadra. Molti sono rimasti purtroppo lontani dalle loro effettive capacità e dai loro valori stagionali”.
Giomi si assume tutte le colpe: “La responsabilità è solo mia, del presidente. Me l’assumo fino in fondo. La frustrazione di questi giorni è stata grande. Non voglio finire il quadriennio con rimpianti. I conti li faremo all’Olimpiade e nonostante il momento voglio cercare di essere ottimista. Non dobbiamo arrenderci. E’ indiscutibile il fatto che questi risultati ci debbano far riflettere perché sono un passo indietro clamoroso rispetto a quanto di buono si era visto fin qui in questa stagione. Penso ad esempio all’atteggiamento della squadra all’Europeo per Nazioni di Cheboksary di metà giugno. Gli interrogativi ora sono molti, ma le risposte potranno essere diverse: non si può mettere tutto sullo stesso piano. Ci siamo già attivati per potenziare il settore tecnico con la ricerca di altri allenatori italiani e stranieri. Sarà importante chiarire sempre di più le idee con gli atleti e le loro società. In tal senso abbiamo già in programma da tempo un incontro di programmazione a fine ottobre. Ma prima di tutto, mi confronterò con il Presidente del CONI Malagò, e la Preparazione Olimpica, per valutare i prossimi passi da compiere in funzione dei Giochi. Insieme al CONI sarà inoltre importante approfondire la ricerca su aspetti medici e biomeccanici. Senza dimenticare il confronto con le altre Nazioni, penso ad esempio al Canada che a Pechino ha dimostrato di aver fatto un grande lavoro. Così come il nuoto azzurro che riesce a fare tutto. In tal senso ho intenzione di incontrare al più presto il presidente Barelli. Pechino ha rappresentato una tappa verso Rio dove contiamo di portare una squadra molto ristretta fondata sugli atleti che hanno dimostrato di poter essere competitivi a livello internazionale. A livello europeo possiamo essere competitivi, ma un Mondiale o l’Olimpiade sono un’altra cosa. E in troppi c’è la convinzione che per partecipare a queste rassegne basti fare il minimo sotto casa. Purtroppo almeno due terzi di quella squadra qui non è potuta esserci per scelta o per problemi fisici. Stiamo facendo un bel lavoro con i giovani come dimostrato nelle recenti manifestazione internazionali. Ci sono tanti ragazzi promettenti da far crescere e per loro gli Europei di Amsterdam del prossimo anno saranno un’ottima occasione.”
Non nasconde il suo disappunto anche il Direttore Tecnico Organizzativo Massimo Magnani. “Delusione e frustrazione sono purtroppo state all’ordine del giorno a Pechino. Delusione perché da parte di molti è venuta meno quell’aspettativa di uscire dalla competizione a testa alta. Frustrazione perché sono almeno tre anni che si lavora su questo progetto. I contesti dove si opera sono complicati, anche perché quando si cerca di aprire visioni diverse rispetto a quelle esistenti non sempre si trova l’atteggiamento giusto da parte dei nostri interlocutori. Purtroppo gli allenatori non sono quasi mai professionisti anche quando si occupano dell’alto livello. Il mio primo compito è quello di far capire quali siano le cose che non hanno funzionato in questo Mondiale. Per alcuni atleti Pechino ha probabilmente rappresentato la parabola conclusiva di un’attività internazionale di alto livello. Per quello che mi riguarda, mi faccio carico delle mie responsabilità di fronte a questi risultati. Non ho problemi se il Presidente e il Consiglio Federale dovessero valutare che devo andare a casa. Non faccio questo lavoro semplicemente per occupare una poltrona.”
Per Giomi i tecnici federali non sono in discussione ma anzi lancia la linea da seguire per i prossimi mesi per gli atleti intenzionati ad andare a Rio de Janeiro: “Sandro Damilano è il miglior tecnico mondiale della marcia, come Gigliotti nella maratona. Gianni Ghidini lavora già da tempo con un bel gruppo di nostri mezzofondisti under 23. Bisogna far crescere atleti e tecnici insieme. Non è accettabile che gli atleti si allenino a casa loro: l’idea che tu possa allenarti a casa è perdente, perché ci si isola. Su questo bisogna fare un percorso insieme anche alle società“.