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Eccoci all’altra Europa, dopo l’amarezza di mercoledì sera: ancora una volta una nostra candidata è costretta a “retrocedere” dalla Champions all’Europa League, con buona pace di chi diceva che eravamo tornati. La Lazio non ce l’ha fatta e, nel doppio confronto, è certamente giusto così: all’andata uno 0-0 non avrebbe fatto storcere il naso a nessuno eppure Keita ci aveva lasciato il graffio, pura illusione prima del desolante 3-0 di Leverkusen.

Avversari come il Bayer, troppo spesso sottovalutati da pubblico e critica in sede di sorteggio (almeno se si pensa a quanto fatto nell’ultimo lustro a livello continentale, tra preliminari passati in sequenza e agevoli qualificazioni agli ottavi), rappresentano adesso la bestia nera delle terze forze del nostro calcio: che oltre al nome e alla voglia ci devono mettere di più, e a volte si fanno surclassare anche in quella tattica vecchio nostro vanto.

Lazio certo debilitata dagli infortuni ma non paragonabile alle “aspirine”, neanche a livello di nomi, rosa e giocatori di talento: chissà quanti Felipe Anderson esistono in Bundesliga, chissà quanti ne ignoriamo quando parliamo di calcio. Lì c’è il Bayern e nulla più è il luogo comune e invece no: loro ne portano stabilmente quattro ai gironi, spesso se le trascinano sino agli ottavi di finale, noi ci lecchiamo le ferite, culliamo sì una Juventus finalmente protagonista (ma durerà?) sul proscenio internazionale eppure sopravvalutiamo il cammino nell’Europa del giovedì di un Napoli che la depressione odierna della Lazio – perdere in agosto una doppia sfida cercata per 10 mesi stagione precedente – la conosce, trovandoci il venerdì sera a pensare allo stato del calcio italiano.

E allora, fermarsi, arrendersi? No, decisamente: i sorteggi dell’Europa del giovedì sono l’occasione di dare uno sguardo a come il resto del continente si comporta, e anche di ragionare sulle reali ambizioni. Contano soprattutto serietà, approccio e atteggiamento: non significa mettere dall’inizio gli 11 titolari e ammazzarli di partite, ma programmare il turnover col giusto bilanciamento tra campionato e coppa.

Può anche essere un vantaggio, da un certo punto di vista: quei calciatori forti ma in eccesso trovano occasione di mettersi in mostra sé stessi e in difficoltà il mister, al momento di scelte e convocazioni. Questi giocatori, titolari in crisi, giovani in rampa di lancio o semplicemente tredicesimi, quattordicesimi e quindicesimi della truppa, di giovedì a volte rinascono: da lì in poi, superata magari la fase a gironi, il passo è breve e l’annata sportiva entrerà nel vivo. Avversari che crescono di spessore, con la scrematura tra gruppi e sedicesimi e la “retrocessione” delle terze della Champions (c’è sempre almeno un grande nome storico in caduta): a quel punto tutta l’Europa sembrerà scintillante, altro che problema o scocciatura.

Uno sguardo al sorteggio, adesso, ce lo possiamo permettere, anche per provare a dimenticare la BayArena: le tre italiane nutrono ambizioni ma vivono un momento storico molto particolare, il confronto con le omologhe straniere le aiuterà a capire chi sono. Il Napoli, ad esempio: cambiati guida tecnica e il volto di chi fa il mercato, è un’era tutta nuova, in cui procedere se vogliamo a fari spenti. Se la sconfitta all’esordio non deve ingannare (le squadre di Sarri escono la distanza), il confronto con Midtjylland, Legia Varsavia e Club Brugge è occasione di crescita. Da non sottovalutare polacchi e danesi (anche perché questi hanno portato a casa lo scalpo del Southampton), la sfida ai belgi sembra fatta apposta per il nuovo Napoli che guarda al domani oltre che all’oggi: come ha scritto (e detto) più volte il nostro direttore, la Pro League è il campionato dei giovani talenti.

Alla dimensione dell’Europa League sembra abituata, per niente rassegnata, la Fiorentina: la semifinale dell’anno scorso darà blasone e autorevolezza ai viola agli occhi degli avversari e a chi verrà a Firenze toccherà confrontarsi con un gruppo che a giocare il giovedì ci ha preso gusto. Nel dettaglio, Lech Poznań, Belenenses e proprio Basilea, gli ex ragazzi di Paolo Sousa: trama scritta perfettamente, manco a farlo apposta.

Infine la Lazio, depressa come non mai, costretta ora a un mercato molto più magro rispetto alle aspettative (sogni?) pre-Champions League: oltre al Rosenborg (che ai nati alla fine degli anni Ottanta richiama le sfide a Juventus e Milan), il Saint-Étienne viene da un quinto posto a 2 punti dal Monaco qualificato alla Champions (d’agosto), mentre il Dnipro parte favorito in virtù soprattutto dello status di finalista uscente e dell’accumulata esperienza internazionale.

Tre club insomma, perché la Sampdoria ha deciso bene di rimanere negli spogliatoi la sera del suo primo impegno ufficiale, ognuno con le sue ambizioni e il suo stato d’animo. Intorno, grandi nomi come Borussia Dortmund (spettacolare giovedì nel 7-2 all’Odd), Liverpool, Tottenham, Athletic, Sporting, Villareal, Schalke 04, Ajax e tante altre che tralascio solo per ragioni di spazio: con l’approccio giusto ne può uscire una stagione importante. Di sicuro, non mancheranno il blasone e una sfilata di talenti: è l’Europa degli umani, l’Europa di chi vuole diventar grande.