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MP Istantanee presenta… Edoardo Bortolotti, un dispiacere senza tempo

Fra pochi giorni saranno già vent’anni. Una ricorrenza amarissima. Era il 2 settembre 1995 quando decise di suicidarsi Edoardo Bortolotti, difensore di talento che aveva perso la sua intima partita con la vita. Un gesto disperato, commesso da un ragazzo di 25 anni: una storia che non sarebbe dovuta andare in questo modo.

Giovane di belle speranze

Nato a Gavardo (Brescia) l’8 gennaio 1970, Edoardo Bortolotti comincia a giocare seriamente a calcio nella Voluntas, storica società satellite del Brescia, a cui ha spesso affidato i giovani più interessanti. Tra questi, oltre ad Eugenio Corini (regista di Juventus, Napoli, Sampdoria e del Chievo d’oro di Delneri) e Luca Luzardi (difensore poi di Lazio e Napoli), c’era anche Edoardo. Difensore di fascia, entra tra i professionisti con il Brescia nel torneo cadetto 1987-88 disputando 5 partite. Viene inviato in prestito al Trento, in Serie C, dove disputa un convincente campionato da titolare e tornando così alla casa madre.

Calciatore in ascesa

Nella stagione 1989-90 inizia a prendere maggiore confidenza con la Serie B, conquistando via via sempre maggiore spazio. Tanto che il 20 dicembre 1989 debutta con la Nazionale Under 21 di Cesare Maldini, nell’incontro con i pari età spagnoli. Nell’anno successivo prende parte anche agli incontri con Cipro, Olanda ed Ungheria. Queste resteranno le sole quattro gare internazionali della carriera di Bortolotti, che comunque contribuiscono a regalargli una certa visibilità e l’interessamento di alcuni sodalizi della massima serie. Titolare in Serie B in una delle squadre in lotta per la promozione, azzurrino e prossimo a palcoscenici più importanti, Edoardo Bortolotti è senza dubbio un giovane calciatore in ascesa. Su di lui, “RadioMercato” parla di un concreto interessamento della Roma.

Nel Brescia
Nel Brescia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La trappola del destino

L’incantesimo si rompe il 13 gennaio 1991, quando il difensore bresciano si infortuna gravemente scontrandosi con l’attaccante della Lucchese Roberto Paci. Si frattura il perone, un infortunio di per sé tranquillamente risolvibile ma che risulta un po’ più complicato e lo costringe ad uno stop di tre mesi. Eccolo, il momento clou da cui scaturisce tutto il resto: Edoardo, carattere fragile, ha paura che l’incidente stronchi il suo volo. Nonostante il sostegno di familiari, amici e fidanzata, cade in un’altra trappola. Quella della cocaina.

Anticamera di un epilogo

L’infortunio si risolve e Bortolotti rientra in squadra in occasione della gara con il Modena. Il 28 aprile 1991 è un’altra data fondamentale di questa storia. Il difensore non gioca neanche un minuto restando in panchina per tutti i novanta minuti, ma viene sorteggiato per il controllo antidoping. Pochi giorni dopo, viene comunicata alla società la positività del suo tesserato. Bortolotti si autodenuncia scrivendo una lettera dal profilo umano, mettendo a nudo i suoi problemi e le sue debolezze. Si pente e promette di rimettersi in carreggiata. In realtà, per Edoardo la squalifica di un anno sancisce la sua condanna.

La fine

L’infortunio. I sogni interrotti. La droga. La squalifica. La diffidenza. Il Brescia annulla il suo contratto ed Edoardo prova a ricominciare dalla Serie C1 a Palazzolo, dopo aver scontato la squalifica. Ma dopo poche apparizioni, comunica alla società che non ce la fa più. Ritorna nella sua Gavardo, prova a combattere una feroce depressione in lotta con i ricordi delle tante illusioni vissute. Le cure psichiatriche non sortiscono alcun beneficio. Edoardo è ormai un ragazzo solo, sopraffatto dai fantasmi di una vita sfuggitagli di mano. Edoardo è solo anche la mattina di sabato 2 settembre 1995, quando decide di buttarsi dal balcone della sua camera da letto, sacrificando la sua giovane esistenza.

Rimane l’amarissimo dubbio che si sia fatto davvero tutto il possibile, per provare ad evitare la sua discesa agli inferi.

Non si può morire così, a 25 anni.

Riposa in pace, campione.