Sì, lo so, ci risiamo. Questa è almeno la seconda, se non la terza, “ultima chiamata” per Mario Balotelli, però in fondo stiamo pur sempre parlando di un 25enne (con molta, moltissima esperienza alle proprie spalle) che, in Italia, ha dimostrato di essere un ottimo giocatore. Lo ha fatto da giovanissimo nell’Inter di Roberto Mancini, che adesso ritroverà da avversario nei derby, e anche nel Milan per sei mesi abbondanti, quando prese i rossoneri per mano e li trascinò ai preliminari di Champions League. Personaggio molto particolare, difficilmente controllabile, forse sopravvalutato dalla stampa italiana a causa della carenza di attaccanti di livello tra le fila della nazionale italiana. Fisico scultoreo, un tiro fulminante e qualche ottima partita disputata in carriera, però, non sono bastati per farlo emergere definitivamente nel calcio che conta: il rovescio della medaglia, infatti, ha praticamente cancellato ogni pregio del Balotelli calciatore. Da quell’esuberanza – per non dire arroganza – in campo, un concetto diverso dalla cattiveria agonistica che, in questi casi, non può che essere considerata positivamente; a tutto questo aggiungete un pizzico di egocentrismo, un carattere difficile da gestire nello spogliatoio e quella sensazione di menefreghismo in campo. Guardandolo giocare, infatti, sembra che Mario si trascini in campo col freno a mano tirato, caratteristica che nel calcio moderno non ti puoi assolutamente permettere se vuoi essere considerato un giocatore d’élite.
Posando Mario Balotelli su un’ipotetica bilancia dal colore rossonero, sicuramente ci si può rendere conto che l’operazione ha sia pregi che difetti. Carlos Bacca, un attaccante che in Europa ha vinto e si è distinto per essere tra i bomber più letali, ha però bisogno di una squadra che lo supporti in maniera adeguata, cosa che il Milan al momento non può garantirgli. In quest’ottica, invece, Balotelli è il classico giocatore che si carica la squadra sulle spalle – a volte fin troppo – e la fa vincere (o perdere) da solo. L’operazione, poi, è quasi gratuita visto che si tratta di un prestito in cui il Milan si impegna a pagare due milioni dei sei che Balotelli percepiva dai Reds; in tutto questo aggiungiamo che l’allenatore del Milan, Sinisa Mihajlovic, conosce molto bene Mario ed è probabilmente l’unico allenatore attualmente in Italia ad avere la possibilità di indirizzarlo sulla strada giusta. La sua mano si è vista sin dalla prima intervista dopo le visite mediche, una chiacchierata informale con i giornalisti in cui espressioni come “lavorare duro” sono state ripetute a menadito. Una novità per chi, in carriera, spesso ha commesso l’errore di parlare spesso quando non era necessario.
Dove collocarlo però tatticamente? I dubbi sono tanti, così come gli attaccanti del Milan in rosa. Mario non è una prima punta perché, troppo spesso, esce dall’area di rigore per andare incontro al pallone, una caratteristica che farebbe di lui un partner ideale per Carlos Bacca. Ma Mario ha davvero il cambio di passo e le abilità di assistman necessarie per splendere al fianco del colombiano? Difficile dirlo adesso, con così pochi allenamenti disputati in maglia rossonera. La verità è che Balotelli, per rendere al massimo, deve avere carta bianca per agire su tutto il fronte d’attacco: attitudine che ti puoi permettere se sei la stella della squadra, non uno dei tanti che contribuiscono alla causa. E in generale, comunque, Mihajlovic è abituato a disciplinare tatticamente ogni singolo elemento della propria rosa (campioni inclusi, vedi Eto’o), al serbo andrà bene tutto ciò? E anche qualora andasse bene, ha senso puntare tutto su un giocatore in prestito secco, che quindi comunque vada a fine stagione tornerà a vestire la maglia del Liverpool, piuttosto che su attaccanti per cui i rossoneri hanno investito moltissimo sia per il cartellino che per l’ingaggio? Con Ibrahimovic, nonostante tra i due ci siano nove anni di differenza, il discorso sarebbe stato completamente diverso: Zlatan ha dimostrato che, da solo o quasi, ha il talento per vincere un campionato. Tutto questo Mario lo deve ancora mostrare, e l’impressione è che questo sia l’ultimo treno valido spiccare il volo verso l’élite del calcio mondiale, dove si pensava potesse arrivare quando, proprio al fianco di Ibrahimović, collezionava scudetti nella Milano nerazzurra.