Tra incongruenze e perplessità, la Formula 1 raschia sempre più il fondo del barile
Dura lex, sed lex. La legge è dura ma è legge, semplice aforisma tanto in voga ai tempi di Cicerone per esplicare come il rispetto delle regole, seppur fastidioso, sia qualcosa da cui non si possa prescindere, forse. La Formula 1 infatti negli ultimi anni ha dipinto un panorama a tinte fosche francobollandolo sul proprio regolamento, producendo idee al limite del pirandelliano come Abu Double, doppi punti per il vincitore dell’ultima gara, oppure lasciando ampie zone grigie, giusto per rimanere in tema cromatico, sull’interpretazione di altre, come nel 2009 con i famosi diffusori della Brown.
Perplessità su perplessità, anno dopo anno, in attesa dell’ennesima idea geniale pronta a stravolgere qualsivoglia sembianza di Formula 1, celata come al solito sotto patine burocratiche con cui nascondersi quando un ragazzo di 26 anni sbatte contro una gru e dice addio a tutto e tutti.
A Spa l’ennesima scena al limite del comico: Bottas rientra ai box, cambio gomme, tutto bene tranne il dettaglio di una linea bianca sulla posteriore destra in totale contrasto con quelle gialle sui restanti pneumatici. Il finlandese torna in pista con 3 gomme medium e una soft, ma nonostante tutto è libero di correre per ben 10 tornate, scontando un semplice drive through e senza subire l’unsafe release. Altre perplessità, ma the show must go on e allora al giro dopo è il turno della virtual safety car, probabilmente da soprannominare “la regola del più furbo”.
Figlia di Suzuka 2014 e dell’usanza pilatesca di lavarsi le mani rimediando agli errori invece di prevenirli, la virtual safety car è stata introdotta quest’anno per limitare la velocità in caso di pericolo: l’idea di fondo non è neppure cosi male, peccato che puntualmente l’interpretazione sia lasciata agli attori sul palco che vedono i distacchi cambiare sostanzialmente a seconda della furbizia di ognuno. Nei due giri in cui è stata introdotta a Spa, Rosberg è riuscito a guadagnare 2 secondi su Hamilton mentre Vettel ne ha persi addirittura più di 4, un’enormità per uno sport che si basa sui decimi, il tutto senza capire perché o per come, perplessità insomma, ancora.
Eppure si procede cosi, con Ecclestone preoccupato solamente di raccogliere soldi nei paesi più improbabili invece di tutelare lo spettacolo preservando Gran Premi come Monza, sempre più in bilico, e con le scuderie che minacciano il ritiro per mancanza di fondi come la Lotus.
Se a tutto ciò aggiungiamo una poco velata e tutt’altro che ingiustificata arrabbiatura da parte dei piloti per un’evidente mancanza di sicurezza causa gomme che sembrano bombe a orologeria, il minestrone delle incongruenze di questo sport è completo e pronto a essere versato nella scodella di tutti quegli appassionati incollati alla tv senza se, senza ma. La doppia esplosione andata in scena nel weekend belga, senza per altro motivi validi come detriti et simila, poteva presentare un conto ben più salato sia a Rosberg che a Vettel, vittime, purtroppo per loro, di una macchina da soldi che tritura tutto e tutti per poi giustificarsi come i bambini colti in fallo con le mani nella marmellata.
Eppure basterebbe un po’ di chiarezza e coerenza in più, giusto una spruzzata, per rendere il minestrone meno indigesto e la Formula 1, di nuovo, uno sport fatto più di coraggio, talento e capacità tecniche, che di giochi politici e interessi economici. Dura lex, sed lex, ma per ora solo fuori dal circus.