Lo scorso anno è arrivata terza più o meno a fari spenti dopo che, in estate (e ancor meno dopo il primo mese di campionato), nessuno avesse osato puntare un euro bucato su di lei; un anno fa la Lazio di Stefano Pioli era tutto meno che una bella e chiacchierata realtà della nostra Serie A. E adesso, nonostante un campionato magnifico in cui ha seriamente insidiato il secondo posto della Roma, una finale di Coppa Italia persa giocando alla pari con la Juventus e un’andata vittoriosa dei preliminari di Champions League contro il Bayer Leverkusen – uno dei club più interessanti dell’intero panorama della Bundesliga -, i biancocelesti sembrano non godere ancora di sufficiente credito presso i media e i calciofili.
Se ci si pensa un attimo, ci si accorge immediatamente del parossismo: in tutte le varie “griglie di partenza” di Serie A che stanno apparendo (e sono apparse nelle ultime settimane) a tutti i livelli di media, dal canale televisivo più autorevole al blog più scalcinato, i power ranking raramente prevedono la Lazio tra le contendenti per il podio, preferendo via via alla formazione di Pioli altre squadre che pure non possono vantare un passato così stimolante e positivo. La presenza fissa ai primi posti di queste speciali previsioni di Juventus e Roma è ampiamente comprensibile, siamo tutti d’accordo, ma altri club dall’immediato futuro molto più nebuloso spesso precedono i capitolini di Lotito. Chissà, forse sarà per via dei loro imponenti movimenti di mercato ma le milanesi sono tenute in gran conto nonostante vengano da un’annata indecente, il Napoli di Sarri viene visto con grande curiosità anche perché non è stato smantellato come si pensava e – anzi – s’è probabilmente rinforzato, la Fiorentina di Paulo Sousa è molto considerata forse anche in virtù di un certo alone di mistero che la Viola si porta dietro avendo aperto un nuovo ciclo e quindi esercita un certo fascino da possibile “sorpresa”. Chissà.
Però nessuno sembra considerare questa Lazio non solo come una probabile aspirante al podio, ma nemmeno come una possibile minaccia al regno juventino. Eppure la compagine di Pioli non si può assolutamente sottovalutare e noi abbiamo pensato di evidenziare cinque buone ragioni per le quali tenere nella giusta considerazione i biancocelesti non è poi così irragionevole:
1. La Lazio s’è rinforzata. Questo è un dato di fatto inoppugnabile, non è stato ceduto alcun big (persino l’eterno Klose è stato convinto a rinnovare da Tare, un DS meno pubblicizzato di Sabatini ma altrettanto competente) e – anzi – sono arrivati dei giocatori estremamente interessanti che di sicuro possono accrescere il livello complessivo della rosa. Partendo da quel Ricardo Kishna decisivo ieri sera fino ad arrivare alla giovane promessa Milinković-Savić passando per la scommessa Ravel Morrison e l’investimento su Hoedt. Tutti molto giovani, tra l’altro. Inoltre, quest’anno, ci si augura che Santiago Gentiletti non debba soffrire di infortuni terribili, garantendo così una presenza affidabile di fianco a de Vrij e cementando il reparto che aveva il margine di miglioramento più ampio (che altro non è che un modo carino di dire che la retroguardia laziale era il settore della squadra che convinceva meno). Insomma, al di là della quantità (cfr. punto 3), è proprio la qualità media della formazione che è salita. Indubitabilmente.
2. Per Pioli, questo è il secondo anno. Vale a dire che i dettami del tecnico biancoceleste, dopo dodici mesi di lavoro, sono penetrati ben dentro la coscienza di squadra: inserire i nuovi elementi non deve essere stato poi complicato per un gruppo che, di fatto, gioca a memoria ormai da diversi mesi. La seconda stagione di un allenatore su di una panchina è normalmente l’anno della conferma e se si parla di un lavoratore indefesso come l’ex mister del Bologna, si può stare certi che la squadra ha davvero sudato per migliorare il già fluido impianto di gioco, rafforzandolo ulteriormente. Una Lazio più precisa di quella di un anno fa, più convinta dei suoi mezzi, più rapida nell’arrivare in porta, più capace di gestire le situazioni di vantaggio: come scenario non è male e c’è da scommettere che la direzione in cui ha lavorato il mister emiliano è proprio questa. E non osiamo nemmeno pensare a eventuali sorprese, come Keita prima punta, brillante soluzione all’assenza congiunta di Djordjević e Klose.
3. A differenza di 365 giorni fa, oggi la rosa ha una profondità che prima semplicemente non esisteva. Kishna ha dimostrato ieri sera che il ruolo di rincalzo gli va strettino, Milinković-Savić combatterà strenuamente per guadagnarsi un posto fisso in squadra e Candreva e Felipe Anderson, una volta tornati i due centravanti di ruolo, dovranno seriamente cercare di mantenere uno standard di prestazioni elevatissimo per non perdere il posto in favore di un Keita che scalpita e che non ha nessuna voglia di finire in panchina. Ma non solo: anche se confusionario un po’ pasticcione, Maurício può essere un’alternativa affidabile là dietro così come Braafheid (una delle rivelazioni dello scorso campionato, tutto sommato). Infine non si possono non citare Mauri e Cataldi, giocatori che potrebbero essere tranquillamente titolari in almeno altre quindici squadre di Serie A e che, rispettivamente, non hanno più maxi squalifiche da scontare o un mix tra fastidiosi infortuni e il peso dell’ansia da debutto.
4. L’entusiasmo. Se la passata stagione la Lazio ha potuto usufruire di un effetto-sorpresa quasi totale, stavolta il tigre nel motore biancoceleste può essere appunto l’entusiasmo che deriva da una autostima decisamente aumentata (che potrebbe ancora salire nel caso – incrociando le dita – in cui si arrivasse davvero ai gironi di Coppa dei Campioni). I giocatori sanno di far parte di una compagine temibile e temuta adesso, sanno che nessun avversario li prenderà più sotto gamba ma sanno anche di avere le capacità per superare più o meno qualunque ostacolo. Come sempre, la foga può rivelarsi un’arma a doppio taglio, specialmente in una compagine con così tanti giovani: anche qui starà a Pioli saper incanalare le energie dei suoi ragazzi nel modo giusto, senza che la voglia di emergere sbordi troppo nell’autocompiacimento.
5. Il rispetto (timore?) degli avversari: oggi la Lazio fa paura a gran parte delle formazioni che prendono parte alla Serie A. I biancocelesti si sono guadagnati tanto credito presso gli avversari, molto più di quanto ne godano presso i media; adesso le varie formazioni italiane non sono proprio felici di trovare le Aquile all’orizzonte perché sanno perfettamente che imbrigliare i laziali è tutt’altro che semplice. Certo, quella di Pioli non è una squadra perfetta, non ancora (ammettendo che ne esista una): ieri sera il Bologna ha trafitto Berisha quando il 2-0 ha provocato un po’ di auto-indulgenza e di rilassamento nei biancocelesti ma, se forse l’anno passato la Lazio avrebbe finito col subire una rimonta completa, i felsinei hanno dovuto infine inchinarsi alla voglia avversaria di uscire dall’Olimpico con i primi tre punti della stagione.
La morale, tirando le somme, è che questa Lazio è ben più che un minuscolo baluginio sul sonar della Serie A, anzi, è diventata una bella portaerei. Tanto dell’effettivo valore della squadra verrà determinato dal rapporto tra Pioli e i suoi: se i giocatori manterranno nel loro tecnico la stessa fiducia che gli hanno dimostrato la passata stagione ne vedremo delle belle. Anzi, forse abbiamo già iniziato a vederne…