Non sembra, ma è passato già un bel po’ di tempo da quella finale di Champions League in cui il Barcellona fece capire alla Juventus che il ruolo di leader, in Europa, non era cosa che le riguardava. La Vecchia Signora ha fatto paura a tutti nella passata stagione, in Italia; in Europa, invece, parecchio stupore e tantissimo entusiasmo per una scalata incredibile, un’ascesa inaspettata verso la vetta interrottasi proprio alla fine, proprio sul più bello. Giusto così, dopotutto: il Barcellona 2014-2015 era nettamente più forte.
Sono passati circa due mesi e mezzo da quel 6 giugno, e tanto è cambiato in casa bianconera. Tre gli addii eccellenti: Vidal, Pirlo, soprattutto Tévez. Marotta si è messo al lavoro, c’era il bisogno di lavorare per sopperire a queste partenze illustri, e gli arrivi di Khedira, Mandžukić, Dybala e quello oramai imminente di Alex Sandro portano una ventata di novità e freschezza, oltre alla dovuta dose di qualità necessaria se non a compensare, perlomeno a limitare i danni dovuti all’evidente rivoluzione della squadra. Perché di rivoluzione si è trattato: Pirlo, seppur non abbia giocato la sua miglior stagione l’anno scorso, ha contribuito come suo solito a rendere la Juve brillante e incisiva, e Vidal ha segnato i suoi soliti gol importanti, e Tévez è stato palesemente l’uomo in più di una Juve che però, paradossalmente, ha patito la mancanza (mentale) dell’argentino proprio quando invece, l’Apache, doveva fungere da trascinatore. Chiaramente, il riferimento è sì, sempre a quella finale di Champions che a conti fatti segna il crocevia tra il vecchio e questo nuovo corso juventino, fatto di volti nuovi, giovani e ambiziosi.
Adesso, caccia al trequartista. Si sono fatti tanti nomi: Oscar, Isco, Draxler, Mkhitaryan, addirittura il giovanissimo Praet dell’Anderlecht, e anche Teixeira dello Shakhtar. Ognuno di questi costa un bel pacchetto di milioni, ma ognuno di questi… già, sembra comunque essere una scommessa, piccola o grande che sia, a seconda dell’esperienza del singolo calciatore in questione e di quanto ha finora fatto vedere in giro per l’Europa. Una scommessa: perché nessuno di loro conosce l’Italia, e per tutti loro approdare in bianconero vorrebbe dire confrontarsi con un nuovo campionato, e non potersi permettere di fallire.
Così è, dunque, per il trequartista che verrà, e così è per tre dei quattro acquisti bianconeri già arrivati. Dybala, lui, ha già fatto vedere grandi cose da queste parti, seppur giovanissimo; gli altri, invece, sono tutti da valutare (qui da noi). Certo, le qualità individuali, indiscutibili, di ognuno di loro portano la statistica a dire che la percentuale di un campionato positivo sia piuttosto alta, ma il calcio si sa, “è strano, Beppe” direbbe un nostro conosciutissimo collega, e anche chi ha talento cristallino può pagare lo scotto di cambiare aria, e giocare così così in un campionato in cui si attua un calcio diverso da quello a cui si è abituati, diverso da quello in cui si è cresciuti.
Ragion per cui, questa Juventus è un cantiere aperto. Una squadra in trasformazione, chiamata a mantenere alto il livello, ma non per forza costretta, quest’anno, a vincere. Dopotutto, se non ora quando: agguantata una finale di Champions League, era doveroso provare a cambiare qualcosa, tentare di rinnovarsi, rinfrescare rosa e motivazioni. Restando la solita Vecchia Signora, certamente. Ma forse, per un anno o due, scegliendo di trasformarsi, accontentarsi, e lasciare a qualcun altro l’imponente ruolo di prima donna.