La Coppa Super dell’Athletic Bilbao

Tutto ha inizio nell’incontro di andata, quando al 14′ del primo tempo, Mikel San Josè ha fatto irruzione su una leziosa respinta di testa del portiere del Barcellona Ter Stegen e con un pallonetto scagliato dal cerchio di centrocampo ha infilato la porta, così come si infila un arco di trionfo.
In quel momento si fronteggiavano la bionda promessa tedesca della multinazionale catalana con il suo rinvio di testa lezioso ed estemporaneo e un difensore prestato alla mediana, appartenente alla squadra che fa della consanguineità il proprio vincolo esistenziale. Il pallonetto di San Josè non è stato un top spin liftato e caramellato ma un poderoso colpo di maglio da officina, saldo e pieno, esempio calcistico della meccanica di precisione. Un capolavoro nato nella mischia al centro della pugna, l’unico colpo balistico ammissibile in quell’istante e prontamente eseguito, carpendo l’attimo che stravolge i destini all’apparenza segnati.
L’Athletic Bilbao si sa, non è un club come un altro ma vive di amorose corrispondenze di sensi, così il San Mames s’è acceso in un istante, innescando un’osmotica comunicazione tra spalti e campo, un interscambio costante di serotonina che si è riversato in un flusso di coscienza epica, attingendo vigore dal centro stesso della terra di Biscaglia. Così, a seguire, è accaduto che Aduriz, centravanti di 34 anni, irrorato dalla trascendenza magnetica ha appuntato una tripletta in petto al Barcellona, come nessun altro era riuscito a fare negli ultimi dieci anni.

Il risultato finale è noto: 4-0 per l’Athletic Bilbao e Messi ha potuto mettere su il muso delle grandi occasioni perse: ora il prospettato “sextete” iniziava ad apparire un miraggio. E a nulla può valere recriminare sull’assenza di Neymar, bloccato dagli orecchioni, quando ai baschi mancava Iker Muniain, il “Messi basco”, il cui crociato è saltato ad aprile.

Serviva un’impresa colossale nella partita di ritorno, ma in realtà è stata una lunga attesa del momento in cui si sarebbe liberata la festa dei baschi, in attesa dal 1984 di un nuovo trofeo. Messi ha acceso una fiammella di speranza, Aduriz, ancora lui, ha provveduto a spegnerla, con il quarto gol in due partite.

Quando l’Athletic vince, vince col suo popolo e la sua storia. Vince con il leggendario cannoniere Rafael Moreno Aranzadi, detto “Pichichi”, colui che all’alba del calcio coniò l’appellativo per il titolo di cannoniere, in virtù dei suoi gol. Vince con Telmo Zarraonaindìa, per tutti Zarra, il più grande marcatore della storia della Liga, fino all’avvento di Messi (251 reti) e comunque miglior cannoniere di sempre della Coppa del Re (81 reti). Vince con il portiere Josè Angel Iribar, bandiera dei baschi e tra i migliori interpreti di sempre del ruolo. Vince con Clemente, l’allenatore costretto ad abbandonare giovanissimo il calcio giocato che poi portò l’Athletic al titolo nazionale, vince con il fedelissimo Julen Guerrero e con tutte le altre anime confluite in un unico abbraccio persistente nel tempo.

Certo, l’appartenenza territoriale rappresenta una spinta in più, ma chi volesse guardare all’esempio del calcio basco, farebbe bene a considerare anche altri aspetti: da sempre a Bilbao è presente la “cantera” di Lezama che forgia giovani con metodo e disciplina come ogni vera polisportiva dovrebbe fare (e come fa anche il Barcellona, pur con un bacino di allievi più ampio e senza vincoli territoriali tanto pronunciati). Non solo, ma vincere una Supercoppa è considerato un evento sportivo di prestigio. Mentre altrove, soprattutto in Italia, siamo abituati a considerare il piazzamento in campionato come massima ambizione – quasi che i tifosi introitassero loro i dividendi dei piazzamenti in Champions – e solo in caso di finale, ci si ricorda delle altre competizioni.

Al San Mames, dove il tifo non è di una curva o di un settore ma di uno stadio e di una nazione intera, sanno aspettare e apprezzare.
E dopo trentuno anni ora sarà di nuovo festa grande. Si attende che lungo il fiume Nervion, esca la Gabarra, l’imbarcazione celebrativa attorno alla quale la folla in passato festeggiò le vittorie più importanti, mentre naturalmente ci sarà il delirio in Calle Licenziado Poza, intorno alla “Catedral”, il San Mames. Perché per l’Athletic, questa non è solo una Supercoppa, ma una Coppa Super.

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Paolo Chichierchia