Lo avevo già scritto meno di due mesi fa: «Siamo l’unico paese a vivere di calcio 12 mesi su 12: 9 per la stagione regolare, 1 per le nazionali, altri due per i processi». Alla fine, si rivela una sottostima: perché la stagione è alle porte, ma per i processi siamo alla chiusura soltanto per il primo grado. Facciamo 14 mesi su 12?
E torniamo quindi al Catania e al suo presidente, giusto per precisare alcune cose. Anzitutto su Antonino Pulvirenti e certe sue dichiarazioni. «Chiudo col calcio»: la notizia è che in passato deve essersene occupato, quindi. Voglio dire: a fare affari, a vendere e a comprare (giocatori per il Catania, o anche… in affitto per una partita), una sua bravura ce l’ha avuta sicuramente. Sicuramente bravo a pescare in Sudamerica, anche se qui e lì qualche acquisto ho faticato a capirlo. Ma, appunto, gli affari sono affari.
Poi, aggiunge: «Il Catania esce fuori da una situazione per colpa mia. Non so alla fine se ha beneficiato di qualcosa, il tempo lo dirà»; ma, anche se fosse, fa differenza? Tentare di corrompere qualcuno diventa moralmente scusabile se la controparte non ci sta fino in fondo? Ma qui sta buona parte della differenza tra valori “contabili” e valori sportivi: per i primi contano i numeri, il risultato materiale; per i secondi contano anche correttezza e lealtà. Giova anche ricordarlo, ogni tanto.
«Leggendo bene alcune carte è evidente che io stesso sono stato truffato in due occasioni, nel corso di due partite»: siamo sicuramente inteneriti da questa sua dichiarazione… lo scippatore che viene scippato e se ne lamenta. O che dice: beh, siccome poi ci ho rimesso anche io, niente di male. Quando invece dire di avere agito «per salvare il Catania» è un’autoaccusa, invece che una scusante.
Dopodiché, in attesa della sentenza definitiva (era attesa per stasera: in realtà non è detto che arrivi prima di un’altra settimana), ci sarebbe da pronunciarsi sulle richieste del procuratore federale, Stefano Palazzi. Premetto: non ce l’abbiamo con lui, che fa il suo lavoro. Ma nel sistema una qualche stortura c’è.
La procura ha chiesto la retrocessione del Catania in Lega Pro (esattamente ciò che la condotta scorretta di Pulvirenti & co. puntava a evitare, in teoria) con solo 5 punti di penalizzazione, oltre a 5 anni di squalifica per il presidente (e per oggi non ci soffermiamo sulle altre figure di contorno). Una pena sicuramente molto leggera: proprio perché mitigata dalla collaborazione offerta da Pulvirenti. È il (paradossale) vantaggio della colpevolezza: si può confessare, si può collaborare. Se invece sei innocente, non te lo puoi permettere.
Decisivo ai fini della collaborazione sarebbe stato l’interrogatorio del 27 luglio. Collaborando (cosa rara, sostiene giustamente Palazzi), Pulvirenti salverebbe il Catania dalla Serie D (con penalizzazione) e dallo smantellamento totale della rosa. In altre parole: salverebbe la società dalla “morte sportiva”, potendo persino puntare all’immediato ritorno in Serie B. Si può far notare che ha dato mandato di vendere la società, quindi non sarà lui a tornare in cadetteria. Vero: ma anche vero che così vende una società ancora (relativamente) in salute. Salva il Catania e un po’ se stesso: gli affari sono affari, l’abbiamo detto.
Ultima nota su questa dichiarazione: «Io ero in una situazione dove sono stato pesantemente minacciato, a Catania non è semplice. Mi sono stati recapitati dei proiettili con delle minacce di morte a me e alla mia famiglia. Ho fatto un errore, dovevo essere più forte». Che in certe piazze (non sempre così a Sud, anzi) sia difficile, questo è un dato di fatto. Ma l’errore è ben diverso: è quello di affidarsi a professionisti come Ventrone, Pablo Cosentino e la GEA: altri affaristi. Controversi, diciamo così.
In ogni caso, tornando all’apertura, siamo solo al primo grado: arriverà in settimana, giusto in tempo perché i calendari di Serie B (25 agosto, a Pescara) e Lega Pro (il 27, a Firenze) vengano stilati tenendone conto. E sapendo bene che potrebbero essere tutt’altro che definitivi e che, dopo che i campionati non finiscono mai come finiscono, il prossimo slogan potrebbe essere che non iniziano neanche come dovrebbero.