Rivoluzione (quasi) compiuta. Ora i risultati

Solo un paio di mesi fa l’umore dei tifosi nerazzurri era decisamente sotto le scarpe. Indipendentemente dalla disastrosa stagione conclusa dagli uomini di Mancini, i primi obiettivi di mercato erano già sfumati (Dybala su tutti, giunto a Torino sponda bianconera) e la sensazione era di assistere nuovamente a un mercato senza botti, come quello delle ultime stagioni: poi, all’improvviso, Ausilio incominciò a presentare un colpo dopo l’altro. Kondogbia, Miranda, Montoya oltre a Murillo, prelevato dal Granada già dallo scorso gennaio, tutto questo senza rinunciare a nessuno tra Handanovič, Kovačić, Hernanes e Icardi. L’arrivo di Jovetić, poi, ha consegnato al tecnico nerazzurro un’ottima alternativa – infortuni permettendo – a Palacio, e l’uscita di Shaqiri verso la Premier League è soltanto il preludio all’arrivo di un altro esterno offensivo. Perišić il sogno tanto rincorso in questa calda estate, ma le alternative sono forse ancora più intriganti: da Perotti a Mertens, esterni puri, passando per quel Gabbiadini che sembra aver già perso la pazienza a Napoli.

Il problema è che l’Inter, negli ultimi anni, ha fatto registrare bilanci gravemente in rosso e rientrare nei parametri UEFA (30 milioni di deficit massimo), al netto di una multa soltanto rimandata nei tempi, sarà molto difficile senza almeno una qualificazione in Champions League. Il che significa dover arrivare in terza posizione, superando (almeno) la concorrenza di Napoli, Lazio, Fiorentina e Milan, partendo dal presupposto che Juventus e Roma hanno un organico ancora superiore. Impossibile sbagliare, quindi, perché i soldi spesi sono tanti (e lo saranno anche nei prossimi anni, vista l’enorme mole di prestiti con obbligo di riscatto con scadenza 2016 e 2017). Mancini dovrà essere molto bravo a partire forte già dal debutto contro l’Atalanta – nonostante l’Inter rischi di presentarsi alla prima di campionato con sette nuovi acquisti in campo – e a sfruttare l’assenza di coppe, vero vantaggio nerazzurro nei confronti di tutte le altre pretendenti (Milan escluso) alla Champions League. Serve chiarezza sul modulo: rombo stretto a centrocampo e due sole punte, 4231 con uno tra Hernanes e Kovacic alle spalle di Icardi, o 433 puro con due attaccanti esterni a supportare l’argentino? Da questa risposta passa il finale di mercato nerazzurro, perché Felipe Melo o Lucas Leiva potrebbero anche non servire, specie se Mancini dovesse optare per la soluzione con tre trequartisti; idem per l’ultimo attaccante da prendere, meglio un realizzatore puro o un esterno in grado di cambiare passo e saltare l’uomo, caratteristica mancante all’Inter dai tempi di Eto’o? Senza dimenticare la volontà del tecnico di avere un terzino mancino da schierare sull’out di sinistra.

Proprio per questo è incredibile come Shaqiri, sul cui talento credo nessuno abbia mai avuto da ridire, sia stato accantonato appena sei mesi dopo l’acquisto; l’ambientamento, il fatto di essere stato schierato più come trequartista che esterno, la difficoltà generale dell’Inter nell’esprimere gioco. Gli alibi erano tanti per lo svizzero, eppure è stato messo alla porta in maniera molto più che brutale, con tante tribune anche nelle amichevoli precampionato: un discorso simile va fatto per Santon, ampiamente il miglior terzino nerazzurro della scorsa stagione – quando impiegato – e il cui trasferimento al Watford è saltato soltanto per volontà del giocatore di rimanere a Milano. E’ probabile che alle spalle vi siano motivazioni extracalcistiche che, per ovvi motivi, noi non possiamo conoscere, perché con questo metro di giudizio soltanto in pochi avrebbero meritato di continuare a giocare nell’Inter anche in questa stagione. Bocciato il mercato di gennaio, Brozovic a parte, l’Inter adesso è pronta a ripartire dopo la rivoluzione estiva: Ausilio e Mancini avranno fatto abbastanza per tornare a sentire la musica della Champions dalle parti di San Siro?

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Alessandro Lelli