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Il calcio ai calciatori: le elezioni FIFA, tra incertezze e speranze

Difficile appassionarsi, parliamo a titolo personale, al cosiddetto calcio estivo, tanto più in un periodo in cui temiamo d’avere valide ragioni per disaffezionarci dal pallone. Il calciomercato che fa(ceva) sognare è tramontato da lustri e a chi non crede che Ibrahimović voglia ridursi l’ingaggio d’un terzo e accettar di non giocare l’unico torneo, la Champions, per la cui vittoria venderebbe l’anima al diavolo (sull’Europeo è più cauto, benché la Svezia sia in piena corsa nel gruppo G) il mercato del bestiame pallonaro desta poco interesse. Meglio volgere lo sguardo altrove, dove non è che ci sia da star sereni, ma, forse, qualcosa si muove e non per forza in peggio.

Ci riferiamo alle prossime elezioni (26 febbraio 2016) per la presidenza della FIFA. Al tramonto dell’era Blatter (nonostante le recenti dimissioni pure dal Comitato Olimpico Internazionale, incrociamo le dita: con certi arnesi non c’è mai da star tranquilli), le prospettive per il futuro governo del pallone sembrano colorarsi d’un dolcissimo amarcord italico. Non ci riferiamo a Tavecchio né a Lotito, tranquilli, benché non è che i nostri strapaesani dirigenti siano meno presentabili dei vari Jeffrey Webb, Eugenio Figueredo e Jack Warner (il che acuisce la disaffezione di cui sopra), ma, di certo, un binomio tutt’altro che ignoto al Belpaese, con la (seria?) possibilità dell’inserimento d’un terzo incomodo a sparigliar le carte.

Al momento attuale, il favorito numero uno per la massima carica del calcio mondiale è Michel Platini, fresco di candidatura ufficialeLe Roi abdicherebbe, dunque, alla presidenza dell’UEFA, dando seguito all’articolato lavoro intrapreso da anni alla gestione politica del football, che lo ha visto conseguire successi (il monitoraggio sulle scommesse, frontiera tra le più delicate a livello planetario, ha riservato buoni risultati, benché la lotta sia durissima), ma anche qualche rovescio (su tutti la sostanziale implosione del fair play finanziario). Buona parte delle federazioni europee sono con lui, una quarantina su 53 (non l’Italia: si tentenna a veder che accade, puntando a Roma olimpica nel 2024), con la Germania grande sponsor, oltre al favore generalizzato di CONCACAF (Nord America) e AFC (Asia). Sul fronte orientale, e non solo quello, può rivelarsi decisivo il supporto del presidente asiatico, lo sceicco kuwaitiano Ahmad al-Fahad al-Sabah, abile tessitore politico, nonché figlio di degno padre (al mondiale 1982 protagonista d’un censurabile siparietto: entrò in campo e costrinse il sovietico Stupar ad annullare il quarto gol francese contro il Kuwait; venne solo multato), amico di Platini sin dalla fine degli anni Ottanta. I bookmaker non sono chiromanti, ma neppure comitati di beneficienza: l’1,70 accreditato all’ex pallone d’oro juventino è del tutto giustificato.

Più complessa la situazione, per Platini, in Sudamerica: la CONMEBOL, confederazione ridotta numericamente ma influentissima sotto il profilo politico, potrebbe saldarsi intorno alla figura di Arthur Antunes Coimbra, in arte Zico, altro campione tutt’altro che ignoto agli stadi italiani. O Galinho, attualmente allenatore di club in India, sta per sciogliere le riserve e, supportato dalla connazionale CBF, lancerebbe il guanto di sfida a uno dei rivali storici, da sempre stimato e rispettato.  La candidatura, sulla cui autorevolezza nessuno nutre dubbi, dà però adito a perplessità, pure in patria: l’ex Udinese, infatti, non ha esperienza dirigenziale, eccezion fatta per un breve periodo nei primi anni Novanta. La sacrosanta e annunciata battaglia contro la corruzione rischierebbe il velleitarismo, se non supportata dalla dovuta malizia, dote irrinunciabile in certi contesti. Vero è che la suggestione rappresentata da un’ipotetica presidenza del Pelé branco esercita un gran fascino in molte federazioni latine, col rischio di strappare consensi al principale avversario pure in estremo oriente, dove Zico ha scritto importanti pagine di storia pallonara.

Se davvero fossero questi due grandi campioni a fronteggiarsi, potremmo già salutare una novità assoluta, a nostro avviso positiva: l’arrivo di un calciatore (e che calciatore!, comunque andasse a finire) nella stanza dei bottoni. Dopo dirigenti, giornalisti, manager e faccendieri vari (il non irreprensibile Havelange vantava un passato da nuotatore e pallanuotista), questo ci pare davvero un elemento interessante e, potenzialmente, di progresso. In tal senso auspichiamo il ritiro delle altre candidature (in primis quella del principe giordano Ali bin Hussein, già sconfitto da Blatter lo scorso maggio), per goderci il testa a testa tra due figure che riteniamo degne di stima.

Senza contare il possibile inserimento, come anticipato, del terzo incomodo: Diego Armando Maradona, che alcune fonti segnalano in procinto di calarsi nell’agone politico calcistico, dando seguito a un impegno che già lo vide in prima linea ai tempi in cui calcava i campi. Candidatura de estomago, certo, dai tratti latamente populistici, ma di certo non sottovalutabile (e anche suggestiva, lo confessiamo), nonché una sorta di completamento delle tre corone che, un tempo, hanno adornato quello che era (e non è più da anni) il campionato più bello del mondo.

Nelle prossime settimane vedremo l’evolversi della situazione, con una piccola, maligna certezza: nel caso in cui fossero davvero i tre campioni a fronteggiarsi per la presidenza, non osiamo immaginare le interviste a Massimo Mauro, ex calciatore più che discreto, assai meno memorabile come politico, dirigente o commentatore. Unico atleta ad aver militato in squadra con i tre suddetti fuoriclasse, ebbe poi a narrare tale fortuna in un libro, Ho giocato con tre geni (scritto con, o da, Luca Argentieri, Baldini Castoldi Dalai, 2001). Ebbene: quanto sopra sostenuto circa le potenzialità e i vantaggi d’avere un calciatore a dirigere il mondo del pallone, saremmo pronti a rimangiarcelo nel caso, assolutamente distopico, in cui questi coincidesse con il “collega” catanzarese in forza a Sky.