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Pronti via: Ibra va, Guardiola stecca

Si è aperta con l’aperitivo delle Supercoppe nazionali la stagione europea. Primo scenario continentale, la Volkswagen Arena, dove è arrivata già una sorpresa, almeno per chi non ha occhio per la cabala. Per la terza volta consecutiva infatti, Pep Guardiola non è riuscito a mettere le mani sul trofeo tedesco. Nonostante un dominio territoriale durato quasi novanta minuti, il Bayern Monaco ha ceduto ai rigori, dopo che il vantaggio siglato da Robben è stato impattato a un minuto dal termine dal redivivo Niklas Bendtner. Proprio l’ex meteora juventina, ha deciso di rompere l’anonimato in cui si era confinato dopo anni di prestazioni incolori, con una rete da predone dell’area di rigore, che ha vieppiù incanutito la barba del nervoso, longilineo e perplesso profeta catalano.
Non è mancato il passo al Bayern. Quello c’è già, ben più di quanto non si possa riscontrare alle nostre latitudini. La squadra ha attaccato coralmente, muovendosi per linee compatte, supportata dal ritmo di Lahm e anche dalla voglia di Vidal, entrato negli ultimi venti minuti (per il cileno anche un rigore trasformato). Il campanello d’allarme è scattato invece ravvisando un accenno di sazietà, che ha portato i bavaresi a tentare di accontentarsi del minimo scarto, rinunciando a quella voracità in altri momenti saziabile solo da goleade abbondanti. Un rallentamento del metabolismo che di per sé, ad agosto, potrebbe essere fisiologicamente connesso alla preparazione, ma che tuttavia riporta ancora una volta Re Mida Guardiola a dover ricalibrare la portata aurea del proprio tocco. Intanto, sulla sponda dei vincitori, Perisic, in attesa di trasferirsi all’Inter, annota sul proprio curriculum un successo che vale come lettera di presentazione.

Come da moda recente, l’altro trofeo assegnato appena una manciata di minuti più tardi, è stato delocalizzato fuori dai confini continentali, in quel di Montreal, dove i rinnovati amanti del soccer hanno potuto ammirare l’asciutto e tonico Ibrahimovic fregiarsi di una nuova stelletta da appuntare sulla propria onoratissima divisa. Complice un Lione addormentato e uno strapotere tecnico, tattico e fisico, il PSG ha sudato appena il necessario per confermarsi “la Juve di Francia” e riaccendere i riflettori sulla stagione. A mettere la banderilla decisiva, il matador Cavani, dopo il vantaggio siglato da Aurier.
A questo punto, onorata la conquista della Coppa, a Parigi si attende la scelta di Ibrahimovic. Un commiato dorato, come si addice alla sempiterna voglia di vincere (che, sia detto per inciso, l’avessero avuta gente come Cassano, Balotelli o Osvaldo, avrebbero fatto tutt’altra carriera) del bosniaco di Svezia. Se dietro l’angolo c’è un ritorno al Milan o un’ennesima esperienza altrove (Manchester United), lo scopriremo a breve. Per adesso, chi ha visto la partita avrà notato che accanto a Marco Verratti, il PSG può contare stabilmente su un altro ottimo centrocampista, il talentuoso ventenne Rabiot. Ibra o non Ibra, la squadra di Blanc c’è già, fin da agosto.

Domani scendono in campo il Chelsea di Mourinho e l’Arsenal del solito Wenger.
In attesa di rivedere i nostratni Allegri e Felipe Anderson, l’aperitivo è sempre più sostanzioso,