Quando lo statuario Mario Gomez arrivò due stagioni or sono – contemporaneamente ad Higuain e Tevez – sembrava che la serie A fosse finalmente tornata a comprare giocatori importanti. Fresco campione d’Europa, sebbene non proprio da protagonista, portava in dote, dopo il divorzio dal Bayern, una valigia di gol da mostrare ai tifosi della Fiorentina, quale fiero campionario di una storia di successi.
Al momento, è abbastanza probabile un imminente addio, destinazione Istanbul. Non Galatasaray ma Besiktas. E quando il nero su bianco suggellerà il passaggio, qualcuno all’ombra della Signoria brinderà con un buon vino. Perché l’affetto e il sostegno offerto a Gomez in queste travagliate stagioni, caratterizzate da gravi infortuni sono stati grandi, ma il sollievo di vederlo sloggiare lo è forse altrettanto, se non per tutti, almeno per molti.
Parliamoci chiaro, se ormai in Italia i migliori arrivi dall’estero riguardano giovani da svezzare o campioni alla soglia del penultimo contratto della carriera – solitamente alla soglia dei trent’anni come Gomez, in Turchia, ci si approda al passo successivo, solitamente alla chiusura della porta e del portone principali. O dopo una stagione deludente. Se non proprio un cimitero degli elefanti – ne svernano diversi anche da noi – un buen retiro nella speranza di ritrovare frammenti di smalto antico.
Le statistiche di Gomez illustrano un rendimento scadente, magari non proprio nullo, ma sicuramente non allineato alle aspettative. Appena 29 presenze in due stagioni (di cui 20 nella seconda) e 7 reti (3 al primo anno, 4 al secondo). Meglio in Coppa Italia, dove quest’anno è risultato capocannoniere, con 4 centri. Complessivamente, sommando anche le coppe europee, nel biennio Super Mario Gomez ha segnato 14 gol in 47 presenze. Alla Juve in Coppa Italia e alla Roma, i suoi gol migliori. Contro il Siviglia, nella partita che più di ogni altra importava per la Fiorentina di Montella, la sua prestazione più tetra, molle e irritante. Lì, si è rotto qualcosa e stavolta non nelle fragili giunture del panzer bensì nel connettivo tra rendimento atteso (tanto atteso) e aspirazioni del tifo.
Probabilmente, Gomez ha anche patito un gioco manovrato e non intagliato sulle sue capacità di finalizzare l’azione, ma i controlli legnosi, le sponde stondate, i tiri ciabattati o i gol sperperati, non hanno certo ispirato fiducia. Nemmeno ai compagni e all’allenatore, alla lunga. L’attenuante della sfortuna, per il doppio grave infortunio va ovviamente tenuta in debita considerazione, ma non completa la spiegazione. Di lui comunque tra qualche stagione, si parlerà come di un clamoroso investimento sbagliato.
L’augurio al tedesco è che sul Bosforo ritrovi la sicurezza (“Bravo ma un po’ fragilino caratterialmente” pare lo avesse definito Angela Merkel al tifoso viola Matteo Renzi) e l’energia che servono in area di rigore. Non è da escludere che in questa nuova valigia possa mettere una voglia di rivalsa e ancora qualche gol di mestiere. Ma a Firenze, Gomez sembra proprio arrivato al momento dei saluti in sede. Se lo vedrete uscire dalla finestra, è solo perché non è riuscito a trovare la porta.