Inter, una scommessa di nome Jovetić
È il 29 settembre 2009. Seconda giornata dei gironi di Champions League: al Franchi di Firenze è in programma Fiorentina-Liverpool e Prandelli, obbligato per via degli infortuni, schiera in attacco la coppia Mutu-Jovetić. A sorpresa, il ragazzino montenegrino schianta i Reds con una doppietta e con una prestazione superlativa. La gara finisce 2 a 0 per la Viola, la stella del ragazzino con i capelli ricci si accende definitivamente.
Sembra una vita fa e, forse, lo è davvero. Stevan Jovetić da allora ha avuto una carriera senza mezze misure, o picchi altissimi o picchi bassissimi. O uno dei migliori giocatori del mondo o completamente sparito dai radar del calcio che conta.
E adesso, alla soglia dei 26 anni ancora da compiere, arriva da uno di quei “bassissimi” di cui sopra. L’Inter per lui è una possibilità, una chance di dimostrare che è sempre quel giocatore che ricordiamo con la maglia viola addosso e non quello di Manchester, dove non è riuscito a esprimere tutto il suo potenziale.
Stevan si ritrova quasi nella stessa condizione in cui si ritrovò nel 2010: dopo il suo primo anno da vera stella, il ginocchio fece crack e fu costretto a saltare in toto la stagione 2010/2011. Tornare dopo un anno di inattività e dimostrare di essere quello di prima non fu facile, ma nelle due stagioni successive Jovetić dimostrò di essere un vero campione, trascinatore unico della Fiorentina, tant’è che il City spese una cifra da capogiro per assicurarsi le sue prestazioni.
I due anni al City hanno rappresentato un nuovo punto basso della sua carriera: molti infortuni, poche presenze e ancor meno gol. Ora il montenegrino dovrà tornare sulla cresta dell’onda e ci proverà con la maglia nerazzurra, che rappresenta davvero la sua ultima possibilità di rientrare nel calcio che conta.
Le prospettive sono ottimali: un compagno di reparto come Icardi che è una prima punta moderna, abilissimo dentro l’area e capace di dialogare con i compagni, una squadra che ha investito tanto e ha voglia di rivincita, un’ambiente giovane dentro al quale poter crescere.
Con la speranza che la classe 1989 — la stessa di Pato — non sia davvero ricordata come quella dei talenti di cristallo.