Il fallimento della Lega Pro

Lunedì scadrà il termine per presentare le domande di ripescaggio in Lega Pro. La terza serie del calcio italiano sta vivendo i suoi giorni più drammatici da quando fu creata per “sostituire” la vecchia “Serie C”. Il formato attuale prevede sessanta squadre divise in tre gironi da venti, cosa che sembra utopia per la stagione che verrà. Nove squadre infatti non sono infatti riuscite ad avere i requisiti economici e societari per potersi iscrivere al prossimo campionato: Barletta, Castiglione, Grosseto, Monza, Paganese, Reggina, Real Vicenza, Venezia e Varese.

I problemi erano già tanti la passata stagione, in cui sedici squadre (sette nel solo Girone C) hanno ricevuto in totale quarantanove punti di penalizzazione per mancati pagamenti o ritardi. Per non  parlare poi dello scandalo scommesse che vede coinvolte tantissime partite e di cui si saprà qualcosa di ufficiale solo al termine dei processi. Non è da escludere quindi che altre squadre potrebbero essere “cancellate” dal panorama professionistico.

A questi problemi, si aggiunge l’assurdo metodo dei ripescaggi, motivo per cui la prossima Lega Pro potrebbe partire con meno squadre del previsto ed essere costretta a rielaborare gironi e calendari. È soprattutto la questione che riguarda il fondo perduto a tenere banco. Parliamo dei 600.000 euro di contributo straordinario a favore della FIGC richiesti per presentare la domanda di ripescaggio (senza avere la certezza che questa venga accolta), la cui scadenza è fissata proprio per lunedì 27 luglio. Per questo motivo le domande di ripescaggio potrebbero essere mote meno del previsto, perché al momento la maggior parte delle squadre non può permettersi di versare una cifra così alta senza (considerando che il fatturato medio di una squadra si attesta sui tre milioni di euro a stagione) sapere poi cosa le riserverebbe il futuro. Prendiamo per esempio il caso del Sestri Levante, che in quanto vincitrice dei playoff di Serie D è la prima squadra nella graduatoria stilata per il ripescaggio. Con il seguente comunicato inviato alla Lega Nazionale Dilettanti, la società ligure ha intelligentemente spiegato i motivi per cui non presenterà la domanda e le incongruenze che ci sono con una regola che taglia le ali alle piccole ma sane realtà ancor prima che questa possano sognare di volare:

“Come a Voi noto, la nostra prima squadra si è aggiudicata la finale nazionale play-off di serie D con la vittoria per 1-0 della gara disputata il 14/06/2015 contro il Monopoli. Dobbiamo purtroppo constatare che gli sforzi profusi della nostra società per onorare sino in fondo gli impegni derivanti dalla partecipazione al Campionato di Serie D non porteranno ad alcun tipo di riconoscimento ma anzi, con ogni probabilità, si tradurranno in un danno sia economico che morale. Preciso meglio: la vittoria dei play-off di Serie D non comporta la promozione automatica alla categoria superiore ma, nonostante la vittoria ottenuta sul campo, si acquisisce solamente il ‘diritto’ di presentare una domanda di ripescaggio. Peraltro, da quanto si apprende da vari organi di informazione questo ‘diritto’ implica una serie di clausole assolutamente vessatorie rispetto alle altre società di Lega Pro quali ad esempio:

– presentazione di una fideiussione di importo maggiorato a 600.000,00 euro;

costo complessivo dl iscrizione al campionato elevato a 90.000 euro (anziché 45.000 euro);

versamento a fondo perso di un importo ancora non ben specificato ma che alcuni stimano addirittura di 600.000 euro;

– mancata concessione di deroghe relative all’omologazione degli impianti sportivi.

E’ facilmente intuibile che un impegno finanziario di tale portata non sia sostenibile da tutti e che le richieste della Lega Pro siano poco accostabili alla parola ‘diritto’. Ma il danno economico non finisce qui. Chi non dovesse presentare domanda di ripescaggio, viene anche escluso dell’erogazione del premio di 30.000 euro che la Lega mette a disposizione della società vincente i play-off se non ripescata. Mi pare che da quanto sopra emerga in maniera evidente che i Vertici che regolano il mondo di questo sport siano più attenti a criteri di natura economico/finanziaria che ai principi di sportività, correttezza e moralità. E tutto questo quando non passa giorno in cui non vengano alla luce vicende relative a ‘partite truccate”, o altri fatti di questo tipo. Le società dilettantistiche come la nostra che, oltre ad aver meritato sul campo, si possono vantare di essere in regola con tutti i pagamenti e di non avere in sospeso contenziosi di nessun tipo, dovrebbero essere premiate, incentivate e sostenute, anziché taglieggiate per sanare i dissesti finanziari provocati da altri. A questo riguardo avremmo una proposta da fare. Proviamo ad invertire i ruoli. Perché la Lega non offre a queste società un contributo a fondo perso? State pur certi che da parte nostra ci accontenteremmo anche di una cifra leggermente inferiore a 600.000 euro.

Cordiali saluti,

U.S.D. SESTRI LEVANTE

Ma quanto costa fare un campionato di Lega Pro e ne vale la pena per il proprietario di una squadra dal punto di vista economico? L’ultima indagine della FIGC, datata 2014 e precedente alla riforma dei campionati che ha portato alla serie unica, parla di un fatturato medio di 3,1 milioni a stagione, con costi e spese che si attestano sui 4,2 milioni. Quindi una squadra “brucia” in media 1 milione ogni anno e inoltre i debiti rappresentano più dell’80% del fatturato nella maggior parte dei casi.

Il caso del Savoia (molto simile a quello del Parma, nonostante abbia avuto minore risonanza a livello nazionale) dimostra come spesso a rimetterci siano i giocatori, per cui ricevere lo stipendio nei tempi prestabiliti è spesso un’impresa. Se in Serie A infatti le società sanno che gli incassi dalle televisioni coprono in buona parte il monte ingaggi, la stessa cosa non può ovviamente dirsi per la Lega Pro. In questo caso infatti la voce più importante dei ricavi è determinata dalle entrate dallo stadio, che sono sempre più basse e non permettono assolutamente di coprire i costi. Nessuno sa quindi con certezza a inizio stagione su quali cifre potrà fare affidamento per il campionato che verrà.

Analizzando alcuni dati, è impressionante il numero di squadre professionistiche fallite negli ultimi trent’anni in Serie C/Lega Pro: 155, di cui 21 in Campania, 19 in Toscana, 16 in Puglia, 14 in Sicilia e 13 in Lombardia ed Emilia Romagna. C’è quindi un campionato che più va avanti e più perde i pezzi, con il calcio professionistico italiano che vede aumentare i suoi problemi. L’ecatombe di squadre sparite e costrette a ripartire dai dilettanti è cosa nota nelle recenti estati, ma mai come questa volta il rischio di partire con un numero di formazioni inferiore a quello previsto è reale. Eppure la riforma che aveva portato al giorno unico riducendo gli organici sembrava dover bloccare in parte quest’emorragia, invece il risultato è stato opposto.

Mantenere un club in D costa molto meno e impone meno vincoli, a partire dalla questione riguardante gli stadi; per questo motivo molte squadre che avrebbero diritto a essere ripescate eviteranno di presentare la domanda preferendo continuare ad avere una certa solidità societaria piuttosto che rischiare di bruttare via anni di lavoro in un batter d’occhio.

La FIGC deciderà sui ripescaggi ad agosto e il format dei campionati non verrà modificato: la federazione vedrà che il numero di sessanta squadre previste per la Lega Pro non verrà raggiunto e provvederà a formare un campionato con quelle che ci saranno, cercando di comporre tre gironi più simili possibili dal punto di vista numerico.

Una soluzione semplice ed efficace potrebbe essere quella di “fare pulizia” prima, cioè controllare i conti delle società prima che cominci la stagione e iscrivere al campionato solo quelle in grado di poter sostenere economicamente l’anno in Lega Pro, pagando stipendi e altre spese. Chi non potrà fornire queste garanzie minime prima che vengano stilati i calendari, non potrà partecipare al campionato. In questo modo non si vedrebbero più molte squadre penalizzate (spesso a campionato in corso o addirittura alla fine) e la stagione procederebbe in maniera normale fino alla sua conclusione.

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Riccardo Bozzano