Domenica la Formula 1 punterà i suoi riflettori sul Gran Premio d’Ungheria, decimo appuntamento del Mondiale. La nazione magiara, in tempi in cui il mondo si trovava diviso dalla Guerra Fredda, fu la prima, fra quelle oltre la “Cortina di ferro”, ad accogliere una competizione di Formula 1. Era il 1986 e nessuno avrebbe mai pensato che, tre anni dopo, il Muro di Berlino sarebbe crollato e con esso la scissione fra Est comunista e Ovest capitalista.
Proprio nel 1989 il circuito assistette a una delle edizioni più emozionanti mai disputate fra i suoi rettilinei e le sue curve. Nell’agosto di quell’anno il campionato si era ormai convertito in un duello fra Ayrton Senna e Alain Prost, alla guida della McLaren con motori Honda. La scuderia britannica aveva, fino ad allora, cannibalizzato gare e qualifiche, a dimostrazione di una superiorità quasi imbarazzante.
Furono le qualifiche a mostrare la prima discrepanza rispetto alle gare precedenti: Riccardo Patrese, sulla Williams, strappò la pole position allo specialista Senna. La maggiore sorpresa venne però dalla Dallara guidata da Alex Caffi, il quale agguantò un inaspettato terzo posto in griglia. A seguire l’altra Williams del belga Thierry Boutsen, la McLaren di Alain Prost e, solo sesta, la Ferrari di Gerhard Berger. La scuderia di Maranello sembrava allora in balia di correnti fluttuanti, che la portavano ad alternare risultati soddisfacenti ad acute delusioni. Il dodicesimo posto dell’altro ferrarista, Nigel Mansell, sembrò confermare questo andamento. La gara avrebbe però smentito questa previsione.
Appena spenti i semafori, il Leone cominciò a ruggire. In avanti Patrese mantenne la testa, tallonato dal brasiliano, mentre Caffi fu costretto a cedere la posizione agli arrembanti Prost e Berger. L’inglese, dalle retrovie, inanellò una serie di sorpassi che lo condussero, dopo il cambio gomme del compagno, fino al quarto posto. La vicinanza con i primi tre stimolò ulteriormente il campione britannico, il quale ebbe presto ragione di Alain Prost.
Qualche curva più avanti, la contesa fra Senna e Patrese si risolse in maniera inaspettata: un problema tecnico costrinse l’italiano al ritiro e il campione verdeoro agguantò il primato. Dopo pochi giri giunse però un nuovo, inatteso rivale: Nigel Mansell, lanciato su ritmi da qualifica. Al 58esimo giro si materializzò quello che, da molti appassionati, viene considerato uno dei più bei sorpassi della storia della Formula 1.
Il pilota brasiliano si apprestava a doppiare lo svedese Stefan Johansson, su Onyx e fu in quell’attimo che il Leone, sfruttando il fattore sorpresa, lanciò il suo attacco. Senna, braccato dall’inglese, si concentrò su Johansson, il quale, a causa di un problema al cambio, decelerò bruscamente, scostandosi sul lato sinistro della pista. Il campione della McLaren dovette, a sua volta rallentare, e si tuffò a destra per effettuare il doppiaggio. A quel punto Mansell accelerò e piombò sul lato destro dell’asfalto, compiendo un sorpasso tanto sbalorditivo da apparire, fino al momento del replay, quasi un’allucinazione.
Dal gradino più alto del podio l’inglese, affiancato da Senna e da Boutsen, osservò i festeggiamenti di un pubblico euforico. Alla vittoria si aggiunse il piacere per avere compiuto una manovra destinata a divenire parte della storia, proprio su un circuito valutato come inadatto ai sorpassi.