La (non) cultura del sospetto
Passano i giorni e l’atmosfera al Tour de France 2015 non migliora. Molti commentatori e media francesi si sono lanciati contro la maglia gialla Chris Froome ed il team Sky gettando sospetti sulle loro prestazioni che stanno “uccidendo” il Tour.
Un esempio? Gli ex ciclisti Lauren Jalabert e Cédric Vasseur, che commentano il Tour per France Télévisions e RTL, quando Froome ha vinto la decima tappa hanno fatto alcune illazioni. Vasseur ha criticato l’assenza di controlli sulle biciclette e ha detto di avere l’impressione che la bici di Froome pedali da sola e Jalabert ha aggiunto che si sentiva un po’ a disagio davanti alla facilità con cui il britannico si era liberato dei primi tre classificati del Tour dello scorso anno. Questo clima di sospetto attorno a Froome non è cosa nuova visto che nel 2013 il suo manager Dave Brailsford a fine gara aveva inviato a L’Equipe tutti i dati sulla potenza del corridore perché fossero analizzati da un esperto indipendente per sfatare l’atmosfera avvelenata attorno al suo corridore.
Il clima attorno alla Sky è ben testimoniato da uno scambio di battute avvenuto durante la conferenza stampa di ieri, quando alla domanda se la Sky era pronta a rispondere a nuove domande sul doping, Brailsford aveva risposto:”Fa parte del gioco. Sappiamo che se domani Chris farà una bella corsa, ci chiederanno “come potete essere sicuri che non si dopi?”. Il manager però ha rincarato la dose subito dopo: “Siamo convinti che ci sia stato un attacco di pirateria informatica e che qualcuno abbia copiato i valori di allenamento e la scheda di Chris. Il nostro ufficio legale sta lavorando sulla questione.”
Questo clima, a mio avviso, ha portato venerdì al pugno ricevuto dal compagno di squadra di Froome Richie Porte nella parte finale della salita di La Pierre Saint Martin nella decima tappa ed all’episodio di ieri, ben peggiore, raccontato dallo stesso Froome: ”A circa 50, 60 km dalla fine uno spettatore mi ha tirato un contenitore con urina e mi ha urlato “dopato”. Sono disgustato. Questo non è sport. Noi lavoriamo estremamente duro per fare ciò che facciamo. E questo è irrispettoso. Alcune cronache della corsa non sono professionali. E penso che è questo che ha portato all’incidente di oggi. Il pubblico del ciclismo è stupendo, sono certo si tratta solo di una minoranza di persone, ma ricordo a tutti che stiamo svolgendo il nostro lavoro e loro dovrebbero semplicemente godersi lo spettacolo, sorridere e applaudire. Questo gesto non ha nulla a che vedere con lo sport. Abbiamo ricevuto grande supporto durante questi giorni, abbiamo visto tantissimi tifosi e anche i media sono stati fantastici. Non tutti: alcuni sono stati irresponsabili e hanno dato fiato a cose non vere: questi sono i risultati”.
Questo è il ciclismo che vogliono i media francesi, un ciclismo fatto di sospetti e veleni, di parole buttate al vento senza nessun dato che confermi le loro ipotesi? Questa volta è stato un pugno e un contenitore pieno di urina, cosa vieta che la prossima volta, sotto la spinta di un giornalismo irresponsabile, non ci sia un tifoso che decida di restituire “dignità” al Tour con un coltello o peggio?
La Carta dei Doveri del Giornalista, quando elenca i suoi Principi fondatori, dice chiaramente che “il giornalista rispetta sempre e comunque il diritto alla presunzione d’innocenza.” Qualcuno dovrebbe farne pervenire una copia alla France Télévisions.