La risposta alle cessioni che hanno colpito il Grifone (sinora solo Bertolacci, inevitabile, e Falque) è Ezequiel Muñoz. Altro capolavoro silenzioso del ramo sportivo della dirigenza capeggiata da Enrico Preziosi, un’operazione nata e conclusa in una sola serata. A rivelarlo è Lino Marmorato di Radio Nostalgia, cronista che da mezzo secolo segue le vicende del Genoa, nel suo canonico pezzo da bardo di corte: Gasperini ha scritto il nome di Munoz su un foglietto, Fabrizio Preziosi lo ha consegnato a suo papà per l’avvallo, così il club più antico d’Italia ha incontrato a cena Davide Lippi, agente del Chiquito, e la trattativa è stata perfezionata tra una portata e l’altra.
Il Genoa aveva bisogno di un difensore centrale dopo il ritorno di Roncaglia alla Fiorentina per fine prestito: con Muñoz i rossoblù perdono qualcosa in termini di velocità, sprint ed elasticità muscolare ma acquistano (a parametro zero) un calciatore che fa del tempismo il suo punto di forza. L’argentino ha quello che nel tennis si chiama “timing sulla palla”, ossia colpisce bene nelle mischie da palla inattiva – sia difensive che offensive – perché ha i tempi giusti e, quasi sempre, preferisce l’anticipo al temporeggiamento. Insomma, un vero stopper, per dirla con un termine di un calcio passato.
Muñoz conosce e stima Gasperini fin dalla sua duplice (e dannata) esperienza a Palermo: conosce la sua meticolosità e intensità degli allenamenti, i meccanismi della difesa a tre che ha come architrave il connazionale Burdisso, la verticalizzazione, il camaleontismo e il turbinio di moduli in una sola partita. Dopo le visite mediche al Baluardo di Genova, domani arriverà nel ritiro austriaco giusto in tempo per la presentazione in piazza a Neustift, ma per quanto appena detto el Chiquito parte con un piccolo vantaggio su Pandev, Lazovic, Diogo Figueiras, Cissokho… A lui il compito di non dissiparlo.